Lo sciame sismico, la faglia e le possibili repliche: cosa ha provocato il terremoto di Marradi e cosa può succedere adesso

Lo stiramento dell’Appennino alla base degli eventi sismici nel Mugello. Il possibile “contagio” nelle aree vicine

Il terremoto di magnitudo 4.9 con epicentro a Marradi che ha colpito il Mugello è il risultato dell’attivazione di una faglia. Lo «stiramento» dipende dai movimenti della placca Adriatica. Che trascina con sé la parte esterna della catena appenninica. Fa parte della normale dinamica della zona. Ma è difficile poter dire a priori se questo possa determinare un effetto di innesco di una faglia vicina e analogamente grande. «Non siamo in grado di escluderlo», dice Andrea Morelli dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Bologna. Mentre secondo Davide Piccinini, ricercatore dell’Ingv a Pisa, non c’è collegamento con lo sciame sismico che interessa le Marche. «L’origine è la stessa dei terremoti di Norcia e Amatrice, cioè i movimenti della placca Adriatica. Ma quei terremoti non sono avvenuti su quella faglia. E non c’è alcuna relazione nemmeno con i terremoti di Marocco e Turchia».


La faglia e lo sciame sismico

Dopo la scossa delle 5 del mattino ieri lo sciame sismico ha colpito tutta la zona tra Marradi (Firenze) e Tredozio (Forlì-Cesena). L’Ingv ha registrato un totale di 92 scosse, la maggior parte sotto la magnitudo di 2. La scossa più forte è rimasta per fortuna quella delle 5.10, localizzata a 3 km a sud-ovest di Marradi e con magnitudo 4.9. Poco prima, alle 4.38, era stato registrato un terremoto di magnitudo 3.4. Lo sciame sismico si è concentrato tra Marradi e Tredozio, anche se in mattinata (11.16, 11.17 e 12.57) si sono registrate scosse anche nel comune di Palazzuolo sul Senio, che dista 12 chilometri da Marradi. L’epicentro del terremoto, localizzato ad una profondità di 8,4 chilometri, è stato individuato circa 42 chilometri a Nord di Firenze, a Sud-Ovest del comune di Marradi. In un’area di 30 chilometri intorno a questa località, dal 2000 ad oggi si sono verificati altri sette eventi di magnitudo superiore a 4.0. Il più forte risale al 14 settembre 2003 vicino Loiano, in provincia di Bologna, con magnitudo 5.2.


Lo stiramento dell’Appennino

Piccinini, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, spiega che la faglia attivata è “normale”, cioè di tipo distensivo. Il ribassamento dell’area dipende dai movimenti della placca Adriatica. Si tratta di una sorta di promontorio di quella Africana, che si è insinuata all’interno di quella Euroasiatica. A Nord, come in Friuli Venezia Giulia, ci sono movimenti di compressione. Sul lato ci sono quelli di distensione come quello che ha provocato il terremoto del Mugello. Secondo l’esperto al momento è impossibile dire quanto a lungo potrà durare lo sciame sismico. Quanto alla possibilità di scosse più forti, «non possiamo escluderlo ma nemmeno darlo per scontato. Ogni zona fa storia a sé». Di certo, sostiene Piccinini, «l’energia sviluppata dal sisma di ieri è bassa e non dovrebbe attivare la frane in Romagna. Ma è meglio controllare bene. Abbiamo però notato che l’energia non si è propagata in modo concentrico intorno all’epicentro, ma ha seguito direzioni preferenziali, probabilmente per le caratteristiche della faglia dove è avvenuta la rottura».

Le possibili repliche di forza superiore

Andrea Morelli dice invece al Quotidiano Nazionale che la pericolosità della zona è inferiore a quella dell’Appennino centrale e meridionale. Ma l’esperto mette in guardia: «Potrebbero esserci repliche di magnitudo equivalente o superiore». Non si può escludere un “contagio” per le aree vicine: «È un po’ quello che succede con le repliche, che sono eventi in qualche modo innescati dalla scossa principale che attiva altri piccoli frammenti di faglia o altre piccole faglie molto vicine. È difficile poter dire a priori se questo possa determinare un effetto di innesco di una faglia vicina analogamente grande. Non siamo in grado né di dirlo né di escluderlo».

I precedenti

I forti terremoti del passato più vicini all’area della sequenza sismica di queste ore, entrambi con epicentro nella zona del Mugello (circa 25 chilometri a Nord di Firenze) sono stati due. Ovvero l’evento del 13 giugno 1542, con magnitudo stimata di 6.0, e quello del 29 giugno 1919, di magnitudo 6.4. Quest’ultimo, in particolare, è uno dei più importanti terremoti italiani del XX secolo, e uno dei più forti ad oggi conosciuti con epicentro nell’Appennino settentrionale. Il terremoto avvenuto oggi risulta essere relativamente vicino anche a quelli dell’Appennino Tosco-Romagnolo, in particolare al sisma del 22 marzo 1661 (magnitudo 6.05) e del 29 ottobre 1725 (magnitudo 5.67).

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