Bruna, chiuse le indagini sulla donna transgender picchiata dai vigili: due agenti accusati di falso

La 42enne era stata presa a manganellate nei pressi dell’Università Bocconi di Milano e la scena era stata ripresa da un video diventato virale

Si chiude l’inchiesta che ha coinvolto Bruna, la 42enne brasiliana aggredita con calci e manganellate lo scorso 24 maggio da un gruppo di agenti della polizia locale nei pressi dell’Università Bocconi di Milano. Stando alle prime informazioni disponibili, il pm Giancarla Serafini, titolare del fascicolo con la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano, ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ad almeno tre dei quattro poliziotti – identificati anche grazie al video diventato virale sui social che testimoniò l’aggressione – accusati in concorso di lesioni personali aggravate dall’abuso della funzione pubblica. Ma c’è di più: due degli agenti sono indagati anche per falso in atto pubblico perché – secondo le accuse della Procura – nelle note di servizio sull’intervento di quel giorno avrebbero scritto cose non vere.


La ricostruzione «falsa» degli agenti

In quell’occasione gli agenti avevano dichiarato che erano arrivati sul posto per aiutare un collega che aveva chiesto aiuto alla centrale operativa per gestire una persona «molesta», ovvero Bruna. Secondo il loro racconto, la donna «mostrava nudità in presenza di donne e bambini e urinava davanti a tutti» e – dopo essere stata accompagnata in macchina per essere portata in caserma – avrebbe dato pesanti testate contro i finestrini dell’auto «lesionandosi il capo che sanguinava». Ma non solo. Sempre secondo la ricostruzione degli agenti, avrebbe anche finto un malore durante il viaggio verso la sede della polizia locale al solo fine di tentare una via di fuga. Una dinamica dei fatti che – nell’avviso di chiusura delle indagini – viene bollata come falsa perché «smentita dalla successiva attività investigativa».


La dinamica dei fatti secondo gli inquirenti

La ricostruzione degli inquirenti, infatti, stabilisce che uno dei tre agenti avrebbe sbattuto a terra la 42enne. Per poi spruzzarle contro la sostanza urticante in dotazione, nonostante la donna fosse in posizione di resa. Pochi istanti dopo, un secondo vigile le avrebbe bloccato le spalle contro una recinzione lì presente. A quel punto – il terzo vigile – l’avrebbe colpita prima alla testa con il bastone distanziatore e poi al fianco sinistro. Ora la Procura potrebbe chiedere il rinvio a giudizio dei tre poliziotti, i quali – dal canto loro – hanno sempre rivendicato di aver scritto la verità nella relazione inviata al Comando con la ricostruzione della vicenda, prima che alcuni cittadini riprendessero l’intervento con il cellulare.

Leggi anche: