Arcore, Marta Fascina mette la sua “segreteria politica” a villa San Martino: «Ormai la considera casa sua»

La “moglie” di Berlusconi porta il suo ufficio di rappresentanza nella magione che doveva lasciare a settembre

L’onorevole Marta Fascina ha fatto installare due targhe di ottone ad Arcore. Nella villa San Martino in cui ha vissuto con l’amatissimo Silvio Berlusconi ora troneggiano due scritte molto esplicite: “Segreteria politica Marta Fascina”. E così, mentre Paolo Berlusconi la esorta a tornare in Parlamento e il giuslavorista spiega che ha obblighi nei confronti degli elettori, lei mette radici ad Arcore. Il Fatto Quotidiano fa sapere oggi che secondo alcune indiscrezioni avrebbe dovuto lasciare la magione a settembre. Ma non sembra intenzionata a farlo. Almeno per un altro po’. Anche perché, dicono, considera quella ormai come casa sua. Per questo oramai è un’assenteista cronica del parlamento e non è andata nemmeno a Paestum per l’omaggio di Forza Italia al fondatore.


La chat

In compenso, aggiunge il quotidiano, ha una chat che condivide con Alessandro Sorte, Stefano Benigni, Tullio Ferrante e Gloria Saccani Jotti. Sono i deputati azzurri che si incaricano di diventare le sue vedette a Montecitorio. Ma quello che colpisce è la nozione di “segreteria politica”. Si tratta dell’ufficio di rappresentanza dei parlamentari nelle loro abitazioni private. In passato è servito anche come escamotage per evitare l’accesso di magistrati e inquirenti durante le perquisizioni. O per evitare sfratti e demolizioni. I parlamentari sono infatti protetti dall’articolo 68 della Costituzione. Che impedisce all’autorità giudiziaria di perquisire la persona o il domicilio senza un’autorizzazione del Parlamento. C’è un caso di cronaca che riguarda proprio Berlusconi.


Il precedente

Nel gennaio 2011, durante l’inchiesta su Ruby in cui era indagato, proprio i magistrati di Milano non riuscirono a entrare nello studio del ragioniere Giuseppe Spinelli. Proprio perché costituiva parte della segreteria politica di Berlusconi, allora presidente del Consiglio e deputato. Così i pm di Milano, per perquisire quello studio dove presumevano di trovare documenti relativi all’inchiesta sulla prostituzione minorile e la concussione, furono costretti a fare richiesta alla Camera dei deputati.

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