Frode sulle mascherine dalla Cina, chiesto il rinvio a giudizio per Irene Pivetti. Ma l’atto della procura potrebb’essere nullo

L’inchiesta sull’ex presiedente della Camera in un cul de sac giudiziario: la procura di Busto Arsizio ha chiuso le indagini, ma per il Gip il processo deve svolgersi a Roma

La procura di Busto Arsizio ha chiuso le indagini a carico di Irene Pivetti e ne ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di frode in forniture pubbliche, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio nell’ambito di una presunta compravendita di mascherine dalla Cina per un valore complessivo di 35 milioni di euro. Secondo gli inquirenti di quella partita fu consegnata a Malpensa solo una parte, per un valore della merce di 10 milioni di euro, oltretutto prive di marchio CE e di qualità scadente, praticamente inutilizzabili. L’inchiesta sui presunti traffici illeciti sulle mascherine orditi dall’azienda di Pivetti, la Only logistics Italia srl, risale alle settimane più drammatiche dell’emergenza Covid, quelle di aprile 2020. Ma si è poi “strozzata” in un complesso iter giudiziario. Lo scorso marzo scorso la procura di Busto ha chiesto l’arresto di Pivetti. Ma il Gip ha rigettato la richiesta dichiarandosi incompetente, e destinando il processo a Roma. Nelle 600 pagine di ordinanza il Pm di Busto Ciro Caramore ha ribadito come, essendo il presunto reato stato commesso a Malpensa, il processo non possa che celebrarsi a Busto Arsizio. Ma il tribunale del Riesame ha dato torto al pm, dichiarandosi incompetente nel merito. E così oggi l’avvocato dell’ex presidente della Camera, Filippo Cocco, mostra understatement britannico: «Prendiamo atto della richiesta di rinvio a giudizio. Il Riesame si è già espresso: quello di Busto non è il Tribunale competente».


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