Nico, il 28enne sopravvissuto a Mestre che ha perso la figlia di 17 mesi: «Perché ho paura della verità sulla strage»

Ha potuto lasciare l’ospedale dopo essere stato curato per una ferita alla testa e diverse contusioni il 28enne tedesco che ha perso la figlia di 17 mesi nell’incidente di Mestre. Sua moglie si trova ancora in coma farmacologico

La tragedia del pullman precipitato a Mestre il 3 ottobre ha provocato 21 morti, tra cui l’autista, e 15 feriti. Si tratta di 12 adulti e tre minori: nove di loro sono in terapia intensiva, 5 nei reparti di chirurgia e 1 in pediatria. Nico V., tedesco di 28 anni, è uscito dall’ospedale dell’Angelo di Mestre con una ferita alla testa e diverse contusioni, oltre a dolori al braccio destro. Parlando con il Corriere della Sera, dichiara: «Sento di avere avuto un angelo custode che mi ha salvato la vita. Perché è un miracolo, se ora sto parlando con lei. Ho questa ferita alla testa, molte botte e mi fa male il braccio destro. Ma almeno io sono qui…». La sua compagna Annabel, infatti, è in coma farmacologico, ricoverata nel reparto di terapia intensiva. Sua figlia Charlotte, 17 mesi, è invece morta nell’incidente.


L’ultimo saluto

Nico ha preso in braccio il corpo di sua figlia per l’ultima volta due giorni fa, nell’obitorio dell’ospedale. «L’ho salutata – racconta – ma purtroppo non può ritornare con me, oggi: ancora non so quando concluderanno le pratiche per riportare a casa la sua salma. Intanto i medici italiani stanno decidendo quando sarà possibile trasferire la mia compagna in un ospedale tedesco». Nonostante il dolore straziante, il giovane trova tempo per esprimere gratitudine a «tutti. A cominciare dai medici di quest’ospedale, gli infermieri, la dirigenza, le rappresentanze consolari di Milano e Venezia. E poi i soccorritori, che quella sera sono stati molto veloci. Ho grande rispetto per loro: ciascuno ha dimostrato professionalità ma soprattutto una grande umanità».


La vacanza

Spiega che con la sua famiglia aveva raggiunto l’Italia per una breve vacanza, di 4 giorni: «Il nostro soggiorno si doveva concludere proprio martedì, e quindi avevamo trascorso il pomeriggio a Venezia prima di tornare all’alloggio». Sul viaggio in sé, però, ammette di ricordare poco: «Siamo saliti sul bus e ci siamo sistemati sui sedili. La mia compagna era di fronte, con il volto rivolto verso di me. E teneva Charlotte in braccio». Del momento dell’incidente, invece, non ricorda «quasi nulla»: «Ogni tanto mi compaiono nella mente delle immagini, vedo delle persone, e ricordo l’interno del bus ma non so dire se fosse già precipitato o no… È ancora tutto confuso. Quel che so per certo è che ho chiuso gli occhi e quando li ho riaperti ero nel letto dell’ospedale».

L’inchiesta della Procura di Venezia

Dall’ospedale Nico V. è uscito accompagnato dai familiari, dal console onorario tedesco Paola Nardini e dall’avvocato Silvia Trevisan, che affianca lo studio legale Cba al quale si è affidato per seguire l’evolversi delle indagini sulla strage di Mestre. Quando gli viene chiesto cosa si aspetta dall’inchiesta aperta dalla Procura di Venezia per omicidio statale plurimo, risponde: «Che sia fatta giustizia? Che si chiarisca il perché di questa tragedia? Non lo so, la verità è che mi fa un po’ paura il pensiero di avere delle risposte. Da un lato vorrei sapere ogni dettaglio. Ma dall’altro temo di scoprire che tutto questo dolore, i morti, i feriti, siano stati causati da qualcosa di poco importante, da un fattore che si poteva tranquillamente evitare. Questo no: non potrei accettarlo».

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