Mestre, la procura sapeva da un anno che il guardrail era in pessimo stato. Il cedimento della banchina e il cambio di gestione

Il cavalcavia è sotto la gestione del comune dal 2014, eppure gli standard di sicurezza non erano gli stessi che si vedono su altri tratti di strada in mano all’amministrazione lagunare

La procura di Venezia aveva già da un anno molta della documentazione sul pessimo stato del cavalcavia della Vempa di Mestre, dove il 3 ottobre un autobus è precipitato dopo aver strisciato per decine di metri contro il guardrail obsoleto togliendo la vita a 21 persone. Gli uffici giudiziari avevano acquisito il materiale in via esplorativa in seguito a numerosi articoli della stampa che denunciavano il pessimo stato dell’infrastruttura. Nel 2021 erano stati pubblicati articoli sul crollo di calcinacci distaccatisi dal cavalcavia. Tra questi, non mancano le dichiarazioni dell’assessore ai lavori pubblici del comune di Venezia, Renato Boraso, che chiedeva urgentemente che venissero compiuti lavori di manutenzione straordinaria iniziato solo lo scorso 5 settembre. Nel corso dell’intervento sarebbe stata rinforzata anche la banchina, il cui crollo assieme alla mancanza di integrità strutturale del guardrail sembra essere la principale causa del disastro, assieme a un possibile malore del conducente.


L’infrastruttura

Un’infrastruttura più aggiornata avrebbe probabilmente potuto tenere l’autobus sulla strada. La Vempa è stata costruita negli anni Sessanta e da allora non ha ricevuto nessun intervento di manutenzione straordinaria fino al 5 settembre di quest’anno. Ma non c’è solo un buco, una porzione di strada di 1,5 metri in cui il guardrail vecchio e arrugginito era assente, pare che a cedere sia stata anche la porzione di manto stradale posta tra il guardrail e la ringhiera esterna. Fattore che potrebbe spiegare la dinamica della caduta dell’autobus, che si è capovolto schiantandosi a terra con il tetto. Prima, aveva toccato il guardrail alla velocità di 36 km/h per poi rallentare, continuando a mantenere il contatto con la fascia metallica, fino a 6 km/h.


Il cambio di gestione

Sulla banchina mancavano piloni, giunti e barriere che da anni fanno parte della dotazione protettiva del tratto di cavalcavia di competenza del Comune di Venezia, con barriere fonoassorbenti e guardrail più solidi. La differenza è lampante, nel tratto interessato dall’incidente, la cui gestione è passata dall’Anas alla provincia nel 2001 e dalla provincia al Comune nel 2014, un anno prima dell’insediamento della giunta dell’attuale sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che è già stato accusato dalle opposizioni: «In quasi otto anni, nulla è stato fatto». Resta che all’epoca della costruzione del cavalcavia infatti, non era previsto che questo venisse percorso da un mezzo di 13 tonnellate, un bus turistico che quando è pieno – riporta La Stampa – raggiunge le 19,5 tonnellate, per 12 metri di lunghezza e 3,4 di altezza. Ad un certo punto la banchina ha ceduto, togliendo appoggio dalle ruote anteriori del bus che si è inclinato. La parte posteriore si è sollevata fino a far perdere l’equilibrio al mezzo, che è precipitato giù.

Il malore e il guasto tecnico

Anche se al momento l’ipotesi più accreditata continua a essere quella del malore del conducente, c’è anche l’ipotesi del guasto tecnico sul tavolo degli inquirenti che cercano di fare chiarezza sulla dinamica dell’incidente di Mestre. I colleghi del conducente Alberto Rizzotto sono sorpresi. «Stava bene, non sono un medico ma sembrava in salute», ha fatto sapere uno di loro ai microfoni del Tg1. Mentre c’è chi – mantenendo l’anonimato – sostiene che il modello di autobus guidato da Rizzotto nonostante fosse particolarmente nuovo, non fosse esente da problemi. Per chiarire la vicenda saranno fondamentali i dati della scatola nera, già estratta martedì, e l’autopsia sul corpo del conducente.

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