L’incidente di Mestre, il guardrail con il buco e il dossier del 2017 sui lavori: «Va cambiato»

Il sindaco di Venezia Brugnaro: «Non potevamo farlo». Il piano di fattibilità e il cedimento possibile

Il guardrail che si trova sul Cavalcavia della Vempa a Mestre non poteva essere sostituito. Mentre il ponte dell’incidente è omologato. La gestione era di competenza dell’Anas che l’ha ceduta al comune di Venezia. Ma i primi cittadini non dovevano accettarlo senza un finanziamento adeguato. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro oggi risponde ai dubbi sul “buco” nel guardrail. Facendo sapere che la sua amministrazione ha fatto le manutenzioni «che la legge ci consentiva di fare». Mentre il guardrail, secondo lui, non poteva essere cambiato: «Serviva un progetto unitario. L’abbiamo approvato l’anno scorso. Poi abbiamo stanziato i 6 milioni di fondi Pnrr. I cantieri sono in corso». Ma per sostituire la barriera di protezione «bisogna intervenire anche sulla piattaforma stradale e sui pilastri».


Il guardrail con il buco

Nell’intervista che rilascia al Corriere della Sera il primo cittadino spiega quindi che per cambiare il guardrail con il buco bisogna toccare tutta la struttura. Che risale agli Anni Sessanta, mentre il comune ce l’ha in gestione da 15. «Mai in passato il Comune di Venezia ha investito così tanto sulla sicurezza. 7-8 milioni all’anno, al netto delle piste ciclabili. Fin dal 2016 abbiamo verificato tutti i ponti e i viadotti anche della città metropolitana. Programmando gli interventi a seconda delle situazioni». Ora la strada è sicura, dice. Ma «lo era anche prima. Abbiamo ristretto la carreggiata, cambiato la viabilità: ci saranno dei rallentamenti ma in questi giorni abbiamo lavorato per non bloccare la città perché c’è la necessità di far vivere le persone». Infine, ribadisce nel colloquio con Francesco Bottazzo, «quello è uno svincolo autostradale. Dovrebbe gestirlo l’Anas».


Il dossier del 2017

Era l’anno 2017 quando, racconta il quotidiano, «le indagini conoscitive sulla struttura» indicavano «la necessità» di sostituire i guardrail su entrambi i sensi di marcia del Nuovo cavalcavia superiore di Marghera. Citando non solo l’esigenza di un adeguamento normativo delle barriere di sicurezza. In ossequio alla raccomandazione dell’Unione europea varata nel 2012 che prevede criteri unici per tutti Paesi membri. Tra i quali anche l’innalzamento e l’ispessimento dei parapetti sulle strade ad alta circolazione. Il parere dei tecnici aveva segnalato anche l’ammaloramento delle fasce metalliche dovuto alla ruggine. E anche delle solette che reggono le putrelle di sostegno dei parapetti. Oltre al parziale rifacimento della pavimentazione. Che avrebbe dovuto sopportare il peso di mezzi più pesanti.

Il piano di fattibilità

Il quotidiano spiega che il piano di fattibilità tecnico dei lavori risale al settembre del 2018, dopo i rilievi e le indagini conoscitive sulla struttura effettuati l’anno prima. L’approvazione del Progetto definitivo risale al giugno del 2020. E prevede: «Risanamento cordoli e sbalzi laterali, rifacimento pavimentazione, sostituzione barriere a parapetti». Alla fine però il progetto si ferma. Perché il costo previsto tra manutenzione ordinaria e straordinaria supera i sei milioni di euro. L’apertura dei cantieri per lavori di rafforzamento strutturale viene differita al 2021. Poi al 2022, «quando saranno disponibili i 6.3 milioni necessari come di seguito dettagliato». Passa un altro anno. Il 4 settembre 2023 si apre il primo cantiere. Durata prevista dei lavori venti mesi. Quelli sul tratto dove è avvenuto il disastro sarebbero cominciati all’inizio dell’inverno.

Un varco di sicurezza

Ieri l’assessore ai trasporti veneziano Renato Boraso aveva detto che quel “buco” era un varco di sicurezza. Ed era previsto dal progetto originale. Secondo Boraso «l’autobus è caduto 50 metri dopo il varco, dopo aver strisciato sul guardrail, senza segno di frenata o contro-sterzata. O vogliamo dire che senza il buco, la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?». La procura intanto ha detto sì alla perizia tecnica sull’infrastruttura. Qualcuno ha accusato anche le batterie elettriche del pullman guidato da Alberto Rizzotto. L’ingegnere e professore ordinario di costruzioni di strade, ferrovie ed aeroporti al Politecnico di Milano Maurizio Crispino ha detto all’AdnKronos che quel varco andava comunque protetto. Perché «rappresenta un punto di uscita che su un viadotto è estremamente pericoloso».

Le barriere

Per l’ingegnere si poteva prevedere una sovrapposizione di barriere. Anche se a due giorni dalla tragedia, la sua intenzione «non è certo quella di buttare la croce addosso a qualcuno o esprimere sentenze». Quello che è certo, però, è che l’incidente del bus a Mestre accende ancora una volta i riflettori sulle condizioni in cui versano le strade in Italia. «Magari un buco nel guardrail non è molto diffuso, ma le barriere inadeguate sicuramente lo sono. Un censimento nazionale non c’è, perché dipende dai singoli gestori e concessionari, ma sono numeri importanti, sicuramente di parliamo di percentuali basse» delle strade italiane.

Il cedimento possibile

Crispino replica anche alla domanda sul cedimento possibile con la protezione moderna: «Dipende dalla dinamica d’impatto, data dalla velocità, dalla massa del veicolo e dall’angolo. Le barriere vengono progettate e installate in relazione a degli impatti tipo, che sono stati definiti dalle norme e rispetto ai quali la protezione si comporterà benissimo. Se però l’impatto è diverso da quello tipo, il risultato non è detto che sia quello che ci aspettiamo», spiega. Questo significa che «anche un’utilitaria, se prende una barriera importante non di striscio, ma a 90 gradi, la sfonda». E al contrario un «autobus che striscia contro il guardrail, potrebbe rientrare gradualmente».

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