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Incidente Mestre, il filmato del pullman e la protezione mancante sul guard rail: «Il “buco” è un varco di sicurezza»

incidente mestre video pullman autista guardrail
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Tre ipotesi per spiegare la caduta. Le immagini delle telecamere e le norme sulla sicurezza

Nell’indagine sull’incidente di Mestre gli investigatori lavorano su tre ipotesi per spiegare le cause della caduta del pullman dal cavalcavia della Vempa. Ovvero un guasto meccanico dello Yutong E12 elettrico, un malore dell’autista Alberto Rizzotto o una sua distrazione. Le immagini delle telecamere di sicurezza hanno mostrato la dinamica dell’incidente ma non sono riuscite a spiegarne il motivo. Si vede l’autobus fermo sulla parte destra della carreggiata. Poi, forse a causa di una manovra impropria, il mezzo sfonda il guardrail e finisce nella scarpata. Prima però urta proprio il guardrail durante la manovra per avvicinarsi a destra. Percorre una trentina di metri sfregando contro il guardrail arrugginito. La protezione sembra reggere. Ma ne manca una parte. L’assessore ai trasporti veneziano Boraso però smentisce.

La dinamica

Il pullman si infila nella barriera di sicurezza. Percorre un’altra dozzina di metri. Poi precipita sfondando la ringhiera. Gli inquirenti escludono che un ruolo nella caduta lo abbia avuto l’incendio. Semplicemente perché le fiamme si sviluppano dopo la caduta del mezzo. L’autobus alle 19.38 cade da un’altezza di una decina di metri. Nessuno, nel frattempo, sente un urto alla sua sinistra. «Abbiamo subito identificato e interrogato il conducente del pullman che nei video in nostro possesso affianca l’autobus. Questo non ha alcun segno di urto sulla sua carrozzeria», puntualizza il capo della procura di Venezia, Bruno Cherchi. «Anzi, il conducente è stato tra i primi a prestare soccorso gettando di sotto un estintore che aveva a bordo», conclude. Il malore dell’autista sembra ad oggi l’ipotesi più probabile per spiegare l’incidente di Mestre. Non ci sono segni di frenata sull’asfalto.

L’autista

Alberto Rizzotto aveva quarant’anni. Era figlio della maestra elementare Maria Adele Roma e di Luigi, generale dell’aeronautica in pensione. Viveva con i genitori a Tezze, una frazione di Treviso. Non ci sono motivi, per ora, per credere che quello che è successo sia avvenuto per una sua volontà. L’azienda che forniva i bus al campeggio “Hu” di Marghera si chiama La Linea. Ha noleggiato i mezzi dalla Martini Bus srl, della quale era dipendente Rizzotto. Massimo Fiorese, amministratore delegato di La Linea, ha individuato nel guardrail, datato anni Cinquanta, «malconcio, con un buco» e in apparenza sottile «come una ringhiera», una possibile concausa dell’incidente. I risultati dell’autopsia sul corpo di Rizzotto faranno luce sulla possibilità di un malore alla guida.

Il guardrail non a norma

Sul guardrail non a norma arriva oggi una conferma dal Corriere della Sera. Secondo l’ingegnere Alfredo Principio Mortellaro, ex direttore dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali e presidente della Commissione ministeriale che ha indagato sul disastro del Morandi, la forma a doppia onda ormai è obsoleta. «Per forma, a doppia onda, ormai superata, e altezza, non più di 70 centimetri. Considerato il traffico di mezzi pesanti che c’è su quel ponte, la sicurezza non è garantita. Avrebbe dovuto essere sostituito dieci anni fa, perché così veniva richiesto dalla normativa europea e italiana». Secondo il Comune di Venezia, proprietario e gestore del ponte, al quale spetta la manutenzione, non è stata invece violata alcuna norma: «Sapevamo che si doveva sostituire ma non c’era alcun obbligo. I lavori sono comunque in corso e riguardano l’intera soletta».

Le immagini

Secondo Mortellaro «dalle immagini appare evidente che la barriera, contro ogni regola di installazione, è stata montata accostando piccole porzioni e negando così il principale requisito della continuità strutturale. Così è stata ulteriormente ridotta la capacità di contenimento. Per funzionare dev’essere lunga almeno 50 metri, come prescritto dai crash test. Ma quella di Mestre, in considerazione della tipologia di traffico e della vicina ferrovia, avrebbe dovuto garantire soprattutto il più alto livello di contenimento, in termini tecnici non meno di un H3 o addirittura un H4b, il massimo. Quella installata è utile a proteggere situazioni di traffico di quartiere». Per il Comune «quei buchi nel guardrail si chiamano punti di passaggio tecnico che servono a garantire l’accessibilità al manufatto urbano».

Le norme

Le norme sulle barriere sono tracciate a livello europeo. Quelle nuove emanate dal 2018 dal Consiglio superiore dei lavori pubblici dopo il disastro di Genova prevedono il collaudo statico. Restano anche da vagliare le condizioni psicofisiche dell’autista su cui sarà effettuata l’autopsia per escludere che avesse assunto sostanze non consentite, oltre che accertamenti tecnici sul cellulare per dimostrare che quel salto nel vuoto non sia stato originato da un attimo di distrazione. Non si esclude un colpo di sonno sebbene appare accertato, come afferma Fiorese , che il turno di lavoro dell’autista – descritto come «esperto alla guida e appassionatissimo del suo lavoro» – fosse iniziato da non più di tre ore, consentendogli di fare la navetta tra il camping Hu di Mestre e Venezia non più di due o tre volte.

La replica dell’assessore

Intanto l’assessore ai trasporti del comune di Venezia Renato Boraso risponde alle accuse sul guard rail: «Sono affermazioni inaccettabili quelle che ho letto. Il bus non è caduto perché ‘c’era un buco di un metro e mezzo nel guardrail. Quel buco è un varco di sicurezza, di servizio, previsto dal progetto originario del manufatto». Secondo Boraso «l’autobus è caduto 50 metri dopo il varco, dopo aver strisciato sul guardarail, senza segno di frenata o contro-sterzata. O vogliamo dire che senza il ‘buco’, la barriera avrebbe tenuto un mezzo in corsa, che sbanda, di 13 tonnellate?».

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