Incidente di Mestre, l’indagine per omicidio stradale. I dubbi sul guardrail, l’allarme del collega e i dati della scatola nera

Cosa non quadra nella strage in cui hanno perso la vita 21 persone. Chi sono i ricoverati e l’ipotesi del Dna per il riconoscimento delle vittime

Per ora è solo un fascicolo aperto con l’accusa di omicidio stradale plurimo quello che deve far luce sulla strage di Mestre, in provincia di Venezia, dove ieri un bus è precipitato dal cavalcavia Vempa. Il bilancio aggiornato è di 21 morti tra cui 2 bambini e 15 feriti (di cui 8 in terapia intensiva). La pista più probabile fa ipotizzare un malore o colpo di sonno dell’autista Alberto Rizzotto, morto assieme alle altre vittime. Al momento, il Procuratore Bruno Cherchi fa sapere che nel fascicolo d’indagine non ci sono ancora persone indagate. Il guard rail, la zona di caduta dell’autobus, e il veicolo sono stati sottoposti a sequestro. Inoltre, la Procura ha anche acquisito la scatola nera del pullman che, dichiara Cherchi, «verrà esaminata solo quando si saprà che non è un’operazione irripetibile altrimenti aspetteremo lo sviluppo dell’inchiesta, affinché tutte le parti coinvolte possano avere le perizie di parte». Tra oggi e domani verrà disposto l’incarico per l’autopsia sul corpo dell’autista. Oltre al fatto che si sta provvedendo all’esame del suo cellulare. Sul mezzo, oltre alla scatola nera era presente anche «un impianto che ha registrato dati, come quelli relativi alla velocità, alla posizione e alla frenatura, che restano salvati in cloud per sei mesi e messi a disposizione in tempo reale del Comune di Venezia». A precisarlo è Massimo Fiorese, amministratore delegato di «La Linea», società proprietaria del mezzo. La scatola nera «mantiene in memoria registrazioni continue di quello che accade all’interno e all’esterno», ha aggiunto il manager.


Il primo soccorso da un altro autista: «Ha lanciato un estintore»

«Il primo a dare i soccorsi è stato l’autista di un altro bus, che ha affiancato ma non toccato l’autobus precipitato». Lo ha detto il procuratore di Venezia Bruno Cherchi. «Nel dare l’allarme – ha sottolineato Cherchi – ha anche lanciato un suo estintore verso il mezzo precipitato (dall’alto del cavalcavia l’ha passato a dei soccorittori alla base del viadotto, per usarlo contro le fiamme, ndr), che sprigionava fiamme». Proprio dalle testimonianze escludono l’alta velocità. «I testimoni – ha aggiunto il procuratore – hanno detto che andava piano, il tratto stradale prima è in salita e comunque, oggettivamente, non permette alte velocità. Comunque ci arriveranno i dati a certificare anche questo».


Esclusi contatti pullman con altri mezzi

Rilevanti saranno le versioni dei pochi sopravvissuti alla tragedia attualmente in grado di parlare – tutti feriti – che la Procura sta tentando di ascoltare. Nello specifico, i carabinieri hanno l’indicazione di sentire i ricoverati fuori dal comune, e la polizia locale quelli a Venezia. Le indagini, intanto, proseguono nel tentativo di ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto. Il procuratore ha già escluso – contrariamente a quanto ipotizzato nelle scorse ore sulla base di alcuni video – che possano esserci stati contatti con altri mezzi. Oltre a precisare che sul posto «non ci sono segni di frenata e non c’è stato un incendio provocato da una fuga di gas delle batterie a litio». È emerso, invece, che il primo a dare i soccorsi è stato l’autista del veicolo che è stato affiancato – come mostra il video delle telecamere di sicurezza – e che ha provveduto nell’immediato a lanciare il suo estintore verso il mezzo.

Identificazione delle vittime: «Useremo anche il Dna»

Continua il tentativo di identificazione delle vittime, rallentato anche dal fatto che alcuni di loro non avevano i documenti con sé. «Ci sono loro parenti presenti, ma è difficile dare dei nomi con certezza. Per questo ho dato l’incarico alla medicina legale, ma anche alla polizia scientifica, perché se necessario si ricorra all’esame del Dna. Speriamo però, entro domani, di identificarli tutti», afferma il procuratore.

Bimba di 4 anni tra gli ustionati gravi

Si trova in gravissime condizioni, con ustioni e vari traumi, la bimba ucraina di 4 anni ricoverata al reparto di Rianimazione del centro grandi ustionati dell’ospedale di Padova. A riferirlo fonti dell’azienda ospedaliera. La bambina è stata identificata stamane, dopo il ritrovamento del suo passaporto a Mestre. Nello stesso ospedale è ricoverata anche una 52enne spagnola, identificata anche lei tramite i documenti. Per entrambe le pazienti la prognosi è riservata.

Il guard-rail vecchio e monitorato dal 2016

«Sul tema della sicurezza del nostro Paese, noi è dal 2016 che abbiamo cominciato il monitoraggio e le perizie. Dopo il Ponte Morandi noi ci siamo preoccupati di un cavalcavia che è del 1930». Dichiara all’Adnkronos l’assessore alla Mobilità del Comune di Venezia, Renato Boraso che osserva «si vede che è vecchiotto». Il «guard-rail è a norma», ma – precisa l’assessore «rispetto alla norma di quando è stato messo». Al momento «c’è un doppio guard-rail, però è da sostituire». I lavori, da 6,5 milioni di euro, «sono in corso da un mese. Rifacciamo tutte le asfaltature e tutta la cordonata a cui vanno agganciati i nuovi guard-rail, perché se si guarda la cordonata, si capisce che anche mettendone dieci di guard-rail, se uno perde il controllo, cade giù». Infine lo sfogo, per «un’opera dello Stato, che qualcuno ha ereditato». In particolare – precisa – «il cavalcavia è stato trasferito al Comune di Venezia oltre dieci anni fa, io come l’ho ereditato nel 2016 l’ho messo in monitoraggio immediato, fatti i progetti, però il sindaco ha dovuto trovare dei fondi. Ora lo stiamo rimaneggiando. Sarebbe auspicabile che per un’opera dello Stato dovrebbe esserci anche lo Stato a darti una mano, ma non capita sempre così».

(foto ANSA / Marco Albertini 2023)

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