Addio a Marina Cicogna, la produttrice del cinema d’autore italiano

Aveva ’89 anni. Produsse, tra gli altri, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (Oscar come miglior film straniero) e “C’era una volta il West”

A Roma, all’età di 89 anni, ci ha lasciato la produttrice cinematografica Marina Cicogna, una figura di spicco nell’ambiente cinematografico italiano e la prima donna a emergere in un settore tradizionalmente dominato dagli uomini. La sua carriera è stata caratterizzata dalla produzione di alcuni dei film più importanti del cinema italiano, tra cui “Metti, una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi e “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri, che ha ricevuto l’Oscar nel 1971 come miglior film straniero, oltre a titoli iconici come “C’era una volta il West” di Sergio Leone e “Mimì Metallurgico ferito nell’onore” di Lina Wertmuller. Nel 2021, la straordinaria esperienza e la carriera di Marina Cicogna sono state celebrate nel film documentario “Marina Cicogna. La vita e tutto il resto” diretto da Andrea Bettinetti. Inoltre, quest’anno ha visto la pubblicazione della sua autobiografia intitolata “Ancora spero” edita da Marsilio, in cui ha condiviso le storie e i momenti salienti della sua vita.


La vita

Marina Cicogna, indiscussa icona di stile, creatività e indipendenza, era nata a Roma il 29 maggio 1934. Proveniva da una famiglia di nobili origini, figlia del conte Cesare Cicogna Mozzoni e della contessa Annamaria Volpi di Misurata, e nipote del conte Giuseppe Volpi di Misurata, veneziano, il fondatore della Mostra del cinema di Venezia nel 1932. Dopo aver conseguito la laurea in Arti al Sarah Lawrence College di New York, Marina, nonostante una formazione classica, coltivò sempre una grande passione per il cinema. La sua esperienza nell’industria cinematografica iniziò quando la sua famiglia acquisì la Euro International Films e le affidò il compito di selezionare i film da distribuire in Italia. Tra i grandi successi che scelse di distribuire si ricordano “L’uomo del banco dei pegni” di Sidney Lumet e “Bella di giorno” di Luis Buñuel. In seguito, decise di intraprendere la produzione cinematografica, realizzando il suo primo film “Metti, una sera a cena“.


I capolavori

La lista dei grandi film da lei prodotti è impressionante, includendo opere come “Teorema” e “Medea” di Pasolini, “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” e “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri, “Uomini contro” di Rosi, “Mimì metallurgico ferito nell’onore” e “Film d’amore e d’anarchia” di Lina Wertmüller, “Fratello sole, sorella luna” di Zeffirelli e “C’era una volta il West” di Sergio Leone. Marina Cicogna vinse un premio Oscar per “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Petri, che fu insignito del premio come miglior film straniero nel 1971. Inoltre, le fu conferito l’onorificenza di Grand’Ufficiale al merito della Repubblica italiana.

La vita privata

Dopo il tragico suicidio di suo fratello Bino a Rio de Janeiro e la crisi finanziaria della Euro, Marina trascorse un breve periodo alla Paramount, anche se l’azienda rifiutò di distribuire film come “Ultimo tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci e “Il portiere di notte” di Liliana Cavani. Successivamente, si trasferì negli Stati Uniti. Nel corso della 68ª edizione dei David di Donatello, Marina Cicogna è stata onorata con il Premio alla carriera. Nel corso della sua vita, ha condiviso amore e legami con uomini e donne, tra cui Alain Delon, Warren Beatty, ma è stata anche compagna di vita per oltre vent’anni dell’attrice Florinda Bolkan.

L’ultima intervista

Due giorni fa l’ultima intervista a Valerio Cappelli del Corriere della Sera, piena di aneddoti personali sul mondo del jet set degli ani ’60. «Ebbi un flirt con Lex Barker, il Tarzan del cinema. Gianni (Agnelli) entrò in stanza con una torcia per vedere se era così bello. Alzò il lenzuolo e disse: mi fate vedere questo Tarzan? In effetti non è male». E a proposito della relazione con Alain Delon: «È complicato rispondere, finisci sempre con offendere un’altra persona. Con Alain fu buffo. Ero a Megève, dove condividevo una stanza d’hotel con Ljuba Rizzoli, che era bellissima. Lui lasciò un biglietto sotto la porta: ti aspetto nella camera 104. Mancava il destinatario. Strappai il biglietto dalle mani di Ljuba e mi precipitai io. Ero la ragazzina invaghita di un mito, galleggiai sospesa in un’altra dimensione per qualche settimana».

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