Paola Cortellesi : «Nel mio film racconto la forza delle donne. Perché chiamarmi regista donna se non si dice regista uomo?»

L’attrice dopo il successo di “C’è ancora domani”: «Ho raccontato la condizione femminile e i retaggi passati che ancora si porta dietro»

C’è ancora domani è il titolo del film con cui Paola Cortellesi fa il suo esordio alla regia. In bianco e nero e ambientato nel Secondo Dopoguerra romano, ha già incassato oltre un milione e 880 mila euro nei primi 5 giorni di uscita. Cortellesi oggi racconta al Corriere della Sera di sentirsi «in un frullatore meraviglioso. Un affetto travolgente, collettivo, che abbraccia tante persone di età e provenienze diverse che vogliono bene a questa storia». E infatti la storia che ha messo in scena – quella di Delia e del marito violento – ha raggiunto donne, uomini, ragazzi e ragazze. Un tuffo nel passato per raccontare – spiega la regista – «una condizione femminile che non è più così, ma conserva dei retaggi culturali, pericolosamente vivi e vividi. Mi fa piacere che mi dicano che coglie lo spirito del tempo. La forza delle donne. Di ieri e di oggi. Era il mio intento».


Una pellicola complessa

Una pellicola complessa, non solo perché si è giocato il suo debutto da regista, ma per il tema. E infatti Cortellesi rivela, a colloquio con Stefania Ulivi, il metodo estremamente «meticoloso» con cui si è approcciata alla stesura del film e alla scelte delle persone con cui realizzarlo. «Persone che mi corrispondono», dice. «Non solo gli attori ma in tutti i reparti. Il vantaggio di esordire alla mia età è che io conosco da attrice tutti i professionisti del settore. Sul nostro set c’era gentilezza, un’atmosfera unica», aggiunge. La stessa attenzione che ha scelto di rivolgere anche ai personaggi del film, ricchi di didascalie. «Ne metto tante per spiegare i personaggi: lo stato d’animo con cui si dice una battuta, e il piano di ascolto di chi guarda. Tutto descritto in maniera maniacale».


Le scelte per il racconto delle violenze

Stati d’animo didascalici sì, ma c’è una scelta ben precisa che Cortellesi ha fatto per raccontare le violenze fisiche che il marito ottuso e violento di Delia le fa. Le botte non si vedono, ma vengono trasformate in scene quasi da musical. «Mi sembrava più efficace usare una canzone, Nessuno, per sottolinearle. La forza del film è aver mescolato i generi fatti e visti: teatro, cinema, musical di Broadway. Guardi e impari. Ho messo tutto nel cestino. Quasi 30 anni di cestino», dice l’attrice. Che in questi decenni non ha conservato in saccoccia solo quanto visto nel suo lavoro, ma anche la vita famigliare che l’ha circondata. Non a caso, la pellicola si ispira ai racconti dei nonni ed è dedicato a sua figlia.

«Una regista»

Così Cortellesi ha messo in scena la forza delle donne e le sue capacità in regia. E ci tiene a sottolineare la sua soddisfazione quando viene definita come «una regista». «Mi piace – commenta – che basti l’articolo a definire il genere dell’autore. Perché regista donna se non si dice regista uomo?» .

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