Israele porta il giornalista del Nyt nella striscia di Gaza: «Hamas è come un topo, è qui ma non sappiamo dove»

Un ristretto gruppo di reporter ha potuto accedere al territorio palestinese ora occupato dall’esercito israeliano che intende mostrare i propri avanzamenti

Sono desolate e stranamente calme le immagini tracciate dalla penna di Ronen Bergman, reporter del New York Times tra i pochi giornalisti ad aver avuto accesso alla zona settentrionale della striscia di Gaza, dove Israele li ha portati per mostrare i propri avanzamenti. Bergman scrive del muro di una scuola era andato in frantumi, del minareto di una moschea che ora pende da un lato. E del tetto di una villa fronte mare ora scomparso, lasciando un divano marrone esposto alle intemperie. Meno di un mese fa, la costa Nord della striscia di Gaza era un tranquillo lungomare punteggiato di resort. Oggi è un enorme campo base dell’esercito Israeliano. Le truppe israeliane viaggiano verso sud, seguendo il percorso dei civili fuggiti, fino a Gaza City, dove i combattenti di Hamas attendono nei tunnel, mentre i mezzi corazzati coprono il paesaggio a perdita d’occhio. Gli edifici sono in gran parte semidistrutti, crivellati dei colpi di Tel Aviv che hanno ucciso 9 mila palestinesi, stando ai dati diffusi dall’autorità sanitaria di Gaza, controllata da Hamas.


«Hamas è come un topo»

Il colonnello Ben-Anat parla di Hamas come di un topo. «Devi trovarlo. Sai che è lì ma non sai dove esattamente. E una volta che lo acchiappi è finita». In effetti, Bergman racconta che poco dopo i loro ingresso nella striscia, un colpo di mortaio è caduto non lontano dal loro mezzo blindato. Segno che Hamas non ha abbandonato del tutto la zona. Nei minuti successivi, una bomba è deflagrata lungo la strada. Bergman ha potuto vedere la scena dagli schermi del veicolo, che per questioni di sicurezza non ha finestre. Israele ha mobilitato forze ben oltre l’ordinario per fare la guerra ad Hamas, lo si nota dal fatto che molti dei militari presenti sono riservisti che assicurano di avere a cuore la sorte dei civili: «Prima di partire con un’operazione ci pensiamo dieci volte». L’obiettivo, resta prendere Gaza City.


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