Come farà la Meloni a dare 36mila migranti all’Albania? Tutti i dubbi sull’intesa con Tirana

Al momento l’Italia rimpatria nei paesi d’origine circa 4.600 migranti all’anno. E dal 2018 non ci sono nuovi accordi bilaterali

Il memorandum siglato ieri 6 novembre, a sorpresa, tra Giorgia Meloni e il premier albanese Edi Rama, per il trattenimento in Albania di migranti diretti in Italia e in attesa di rimpatrio, è ancora, sotto molti aspetti, una scatola vuota. Si è detto che nei due centri – di prima accoglienza e di trattenimento e rimpatrio – che saranno realizzati in Albania saranno portati un massimo di 3mila migranti al mese, per un totale di 36mila all’anno, e che le strutture saranno realizzate e gestite dall’Italia, mentre la sicurezza esterna sarà a carico di Tirana. Ad arrivare sulle coste maltesi saranno navi italiane ma non Ong, quindi o militari o della capitaneria di porto. Non si sa molto di più. Saranno i ministeri interessati a lavorare alla definizione degli aspetti tecnici. Il titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, ha fatto filtrare di essere stato coinvolto a grandi linee nella parte politica dell’intesa, gestita in prima persona dalla premier Meloni in virtù dei buoni rapporti personali che la legano a Rama. Ora, però, la palla passa ai tecnici competenti: non solo Interni, ma anche Esteri e Giustizia. E i nodi da chiarire sono parecchi, come ha dichiarato anche un portavoce della Commissione Ue, questa mattina.


I 36mila migranti

Il primo punto poco chiaro è quello che riguarda la cifra dei migranti che transiteranno per l’Albania. Ieri, in conferenza stampa, Meloni ha parlato di un totale di 36mila persone. Ma non è chiaro come si arriverà a questo numero: i due centri, di prima accoglienza e di rimpatrio, accoglieranno in totale 3mila migranti al mese. Alcuni saranno rimpatriati nei paesi di origine (lasciando così posto ad altri arrivi) gli altri saranno divisi tra chi avrà ottenuto un permesso umanitario in Italia e gli irregolari. Gli uni e gli altri, ha specificato Edi Rama, dovranno tornare in Italia. Ma quanti e con quali costi? L’Italia attualmente rimpatria circa 4.600 migranti all’anno, per un costo di circa 2.400 euro ciascuno. Il numero complessivo è in aumento, al 30 ottobre di quest’anno eravamo a 3.926 il che fa presumere che al 30 dicembre la cifra totale sarà maggiore del 2022. Ma difficilmente arriverà a 36mila, anche perché non abbiamo accordi con i principali paesi di provenienza, con l’unica eccezione della Guinea (tenendo conto dei soli paesi che nel 2022 hanno registrato più di 1000 arrivi in Italia). Con alcuni c’è un intesa parziale, ma senza intenti operativi. Con altri, come con la Tunisia – dove riportiamo solo gli irregolari giunti prima del 2011 – accordi che riguardano solo gruppi specifici. Nell’ultimo anno non è stato siglato nessun nuovo accordo.


I primi dubbi della Commissione

In un briefing con la stampa durato circa mezzora, i portavoce della Commissione europea hanno confermato che Bruxelles è stata avvertita dell’accordo tra Italia e Albania “a ridosso” (ma non hanno voluto precisare se ieri o in precedenza) della presentazione del memorandum. “Ora attendiamo ulteriori chiarimenti sul suo contenuto, da quello che sappiamo però, è diverso da quello tra Gran Bretagna e Ruanda che prevede l’espulsione verso il paese africano dei migranti che abbiano raggiunto illegalmente il territorio anglosassone e che è al momento sospeso”. Secondo i documenti pubblicati negli ultimi anni dalla Commissione, è vietato e “non auspicabile” portare i migranti in paesi terzi esterni all’Ue o fare in modo che da questi paesi terzi facciano richiesta d’asilo in Europa.

La giurisdizione per asilo e ricorsi

Come saranno gestite le procedure di richieste d’asilo è uno dei nodi che andranno chiariti. Se, come sembra, la richiesta sarà presentata sul territorio albanese e non a bordo delle navi italiane, che pure sono a tutti gli effetti territorio nazionale quando si trovano in acque internazionali, bisognerà capire dove si radica la procedura, come lavoreranno le commissioni territoriali che generalmente valutano queste richieste e dove e come sarà possibile presentare ricorso contro i dinieghi.

La distinzione tra maggiorenni e minorenni

Nell’annuncio di ieri, 6 novembre, Meloni ha specificato che ad andare in Albania saranno solo uomini maggiorenni, non donne e bambini. Il che vuol dire da un lato che potrebbero essere divisi i nuclei familiari e dall’altro che la distinzione tra minorenni e maggiorenni, proprio recentemente modificata dal governo, sarà fatta a bordo delle navi italiane che faranno poi scendere gli uomini portando donne e minorenni in Italia. Una procedura che potrebbe rivelarsi non facile da attuare.

Il trattenimento nei centri

Infine c’è tutto il problema del trattenimento dei migranti e dei tempi di permanenza nei centri. All’arrivo in Italia i migranti non sono trattenuti ma se si allontanano non possono più, di fatto, fare richiesta di asilo a meno che non si presentino entro 90 giorni. In Albania potranno muoversi nel paese? E se saranno trattenuti nei centri per quanto tempo? Su entrambi i temi l’Europa ha messo regole precise stabilendo, anche con diverse sentenze della Corte di giustizia europea, che il trattenimento prolungato è comunque illegittimo. Per non parlare delle tante sentenze dei tribunali italiani. Cosa succede poi se un migrante che debba essere rimpatriato si allontana del centro? Interviene la polizia albanese o quella italiana? E che legittimità di azione avrà sul territorio albanese. Sono tutti i dubbi che andranno sciolti prima dell’operatività dell’intesa che, molto probabilmente, andrà comunque ratificata dal parlamento italiano.

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