La barricata di Giorgetti sul Patto di Stabilità: «Una soluzione contro l’Italia? Allora meglio le vecchie regole»

Il ministro minaccia di non firmare l’accordo. I leader europei sono perplessi

«Se devo accettare una soluzione che va contro gli interessi dell’Italia, allora meglio tenere i vecchi vincoli». Giancarlo Giorgetti torna a Roma non certo soddisfatto dai negoziati a Bruxelles sul Patto di Stabilità e Crescita. E in un certo senso minaccia di non firmare le nuove regole: «Chi agita lo spauracchio del ritorno al passato non ci spaventa». E secondo i retroscena i leader europei sono perplessi. Perché il ministro durante l’Ecofin aveva definito come «un passo avanti» la proposta spagnola. Mentre il ritorno alle vecchie regole, è il ragionamento, penalizzerebbe l’Italia. Perché la Banca Centrale Europea ha detto che un mancato accordo provocherebbe conseguenze soprattutto per i paesi più esposti alle turbolenze del mercato. E tra questi c’è proprio l’Italia.


Il ministro e le regole

La Stampa racconta oggi in un retroscena che la proposta della presidente di turno dell’Ecofin Nadia Calvino prevede per i paesi ad alto debito uno schema meno penalizzante rispetto a quello immaginato finora. Per Giorgetti invece no. Perché l’aggiustamento di bilancio per rispettare nuove regole peserebbe il doppio rispetto a quanto offerto dal governo Meloni. In più, visto che anche Mario Draghi dice che c’è una recessione alle porte dell’Europa, il ministro vuole maggiore gradualità. E quindi, spiega il quotidiano, la linea di via XX Settembre è che l’Italia non prenderà impegni che non può mantenere. Anche perché questo la metterebbe ancora di più a rischio sui mercati. Già in tensione, tra l’altro, per i tassi di interesse e i rendimenti dei titoli pubblici in crescita. Il punto che l’Italia contesta è la cosiddetta «salvaguardia per la resilienza del deficit».


La salvaguardia per la resilienza del deficit

Il nuovo paragrafo dell’accordo prevede che nel momento in cui uno Stato porta il proprio debito su una traiettoria discendente «dovrebbe garantire un margine di sicurezza comune sotto la soglia del tre per cento». Per il governo questo parametro serve ad aggiungere un onere ulteriore al taglio del debito. E non piace nemmeno alla Commissione Europea. Che ritiene che la soglia del 3% sia già sufficiente. Ma dietro la proposta c’è la Germania. Che deve farlo digerire all’opinione pubblica tedesca, sempre attenta al tema del rigore in Europa. Poi ci sono gli investimenti. Giorgetti avrebbe voluto una golden rule per scorporare il Pnrr dal calcolo delle spese. La Spagna ha invece proposto di spalmare i piani di aggiustamento da 4 a 7 anni. Così l’Italia avrebbe la possibilità di rinviare il rigore all’ultima parte del periodo. La posizione di Giorgetti lo rafforza in Italia, dove la Lega spinge per, e lo metterebbe in difficoltà in Europa.

Cosa prevede la riforma del Patto di Stabilità

L’Italia vorrebbe anche lo scorporo degli investimenti del green e del digitale. E l’inclusione delle spese per la Difesa nel perimetro di quelle che non entrano nel calcolo. La riforma del Patto di Stabilità ad oggi prevede tre punti fondamentali:

  • la regola del deficit/Pil al 3% resta insieme a un aggiustamento strutturale dello 0,5% in caso di sforamento del tetto e una nuova soglia del 2% da rispettare in caso di crisi improvvise;
  • il piano del debito resta con il tetto al 60% con una riduzione costante media o annua e otto-undici anni a disposizione per portarlo a termine;
  • le spese per investimenti permettono di allungare i tempi per la riduzione del debito.

La partita va ad intrecciarsi con quella del Meccanismo Europeo di Stabilità. Giorgia Meloni non si è ancora decisa a firmarlo. Anche perché gli alleati pressano sul punto. Gli altri partner si stanno innervosendo. L’idea di uno scambio politico con il Patto è sul tavolo da tempo. Riuscirà?

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