Ue, l’intesa sulla Legge per il ripristino della natura: cosa prevede e quali sono gli obiettivi

Le tre istituzioni europee hanno raggiunto un accordo su uno dei pilastri più contestati del Green Deal

Non sarà la versione originale e più ambiziosa, ma sicuramente è un provvedimento dalla portata storica. In questi giorni, le tre istituzioni europee – Commissione, Consiglio e Parlamento – hanno raggiunto un’intesa sulla Legge per il ripristino della natura. Si tratta di uno dei pilastri più contestati del Green Deal, su cui i gruppi di destra e centrodestra dell’Eurocamera si sono opposti a lungo. Lo scorso luglio, il voto del Parlamento europeo ha visto una spaccatura dei Popolari, alleati in parte con le forze di centrosinistra e in parte con i sovranisti. Quel via libera ha permesso di arrivare al cosiddetto «trilogo», ossia alle trattative tra le tre istituzioni europee. L’intesa finale raggiunta a Bruxelles, e concordata con gli Stati membri, non contiene alcune delle proposte più ambiziose formulate dalla Commissione europea. Ma ha impedito che una delle misure simbolo dell’agenda verde europea naufragasse del tutto.


Gli obiettivi al 2030 e al 2050

A rendere particolarmente innovativa la legge è il fatto che per la prima volta non ci si limita a disporre la protezione delle aree naturali più a rischio. Ma si introducono norme per ripristinare la natura dove è già degradata. Secondo le stime di Bruxelles, infatti, l’80% degli habitat europei versa in cattive condizioni. Gli obiettivi fissati dal regolamento sono ambiziosi: ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e ripristinare tutti gli ecosistemi entro il 2050. Affinché questi target vengano rispettati, i Paesi membri dovranno impegnarsi a riportare in buone condizioni almeno il 30% dei tipi di habitat coperti dalla nuova legge entro il 2030. Aumentando la quota al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. Per farlo, i singoli governi dovranno adottare un piano nazionale di ripristino della natura, che descriva in dettaglio come intendono raggiungere gli obiettivi fissati dalla nuova legge. Assieme al ripristino, c’è poi il tema del mantenimento. Una volta che un’area naturale ha raggiunto una buona condizione di salute, i governi dovranno impegnarsi a garantire anche che non si deteriori nuovamente.


Agricoltura e foreste

Per quanto riguarda il ripristino dei terreni a uso agricolo, uno dei punti più dibattuti del regolamento, i Paesi Ue dovranno impegnarsi a migliorare le performance di tre indicatori. Ovvero il cosiddetto «indice di farfalle delle praterie», la quota di terreni agricoli ad alta biodiversità e lo stock di carbonio nel suolo minerale coltivato. Per quanto riguarda le foreste, le indicazioni contenute nella nuova legge obbligano i Paesi Ue ad aumentare il numero di specie arboree presenti. E, soprattutto, la loro resistenza ai cambiamenti climatici.

Il «freno di emergenza» della Commissione

A vigilare sull’effettivo rispetto di tutti questi parametri sarà la Commissione europea, a cui il Consiglio ha deciso di affidare il compito di presentare – un anno dopo l’entrata in vigore del provvedimento – una relazione comprensiva delle risorse economiche disponibili a livello Ue per finanziare tutti gli interventi richiesti. Il testo finale dell’intesa prevede poi un «freno di emergenza», che permette di rinviare alcuni obiettivi in caso di timori per la sicurezza alimentare. Nel 2033, la Commissione dovrà rivedere e valutare l’applicazione del regolamento e dei suoi impatti sui diversi settori: agricoltura, pesca, gestione delle foreste e non solo.

L’ultimo step

Ora che l’intesa tra le tre istituzioni europee è stata raggiunta, Parlamento e Consiglio dovranno dare il via libera definitivo al testo aggiornato della legge. Un passaggio che, salvo sorprese, non dovrebbe essere niente di più di una semplice formalità. «Non c’è tempo da perdere nel ripristinare la natura da cui dipende il nostro benessere e le nostre economie», ha commentato il nuovo vicepresidente esecutivo per il Green Deal, Maros Sefcovic. Più tiepida l’accoglienza delle sigle ambientaliste, che avrebbero preferito mantenere le misure più ambiziose contenute nella proposta originale del regolamento: «Siamo sollevati nel vedere che i negoziatori non hanno completamente deluso i cittadini europei», ha commentato Sofie Ruysschaert, responsabile di BirdLife Europe.

Credits foto: UNSPLASH/Luca Bravo

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