La storia di Abigail, ostaggio di Hamas a tre anni

Il padre è stato ucciso con un colpo alla schiena. Lei si è rifugiata dai vicini ma poi sono stati tutti rapiti

Si chiama Abigail ed ha tre anni. Ne compirà 4 il prossimo 24 novembre, ha la doppia cittadinanza israeliana e statunitense e a lei si riferiva il presidente Joe Biden quando ha parlato di un bambino ostaggio di Hamas. I suoi genitori sono stati uccisi nell’attacco del 7 ottobre. Lo zio Amit Idan ha parlato della piccola con La Stampa: «Abigail non cammina mai da sola. Cerca sempre il contatto fisico. Era sempre attaccata a qualcuno. Voleva essere portata sulle spalle. Quando la madre lavava i piatti, doveva comunque tenerle una mano. Anche il giorno che suo padre, mio fratello Roy, è stato ucciso, Abigail era tra le sue braccia».


Tra le sue braccia

La bambina dormiva insieme ai due fratelli Michael (9 anni) e Amalia (6) il giorno dell’attacco. «Condividevano la cameretta, che è un “mamad” (un rifugio anti missile, ndr) perché il kibbutz è sempre sotto attacco dai razzi lanciati dalla Striscia e così è più facile mettere in salvo i bambini». Roy, fotografo professionista, è uscito dal kibbutz per scattare qualche immagine per il sito Ynet news, per il quale lavorava. Gli scatti che mostravano Iron Drome mentre intercettava i missili in arrivo da Gaza erano suoi. Poco dopo essere tornato a casa dalla moglie Smadar, Hamas ha fatto irruzione nella sua abitazione. I killer gli hanno sparato alla schiena. Abigail era in braccio al padre. È caduta a terra ma si è salvata. È scappata verso la casa dei vicini, i Brodetz.


Prigionieri a tre anni

Ma gli uomini di Hamas sono entrati anche in casa loro. Hanno portato via tutti: la moglie di Avicai Brodetz Hagar (40 anni), i figli Ofri (10), Yuval (9) e Uriya (4) oltre ad Abigail. Intanto il 9enne Michael ha chiamato la polizia, ha preso la sorella Amalia e si è chiuso in un armadio. Oggi i due bambini sono al sicuro nel nord di Israele. La madre Smadar è stata assassinata. «Abigail è la più piccola della famiglia. Le piacciono i trattori», dice di lei lo zio paterno. «E aveva appena iniziato a parlare. Non riesco a immaginare, per lei e per gli altri bambini, cosa significhi essere prigionieri a tre anni. Chi pulisce loro i denti? Chi li accarezza o parla con loro quando piangono? E chi li nutre?».

Nessuna notizia

Con lei ci sono ancora, forse, i vicini di casa. Del suo rapimento si sa dal 9 ottobre. Lo zio: «Non conosco il caso di nessun prigioniero al mondo di 3 anni, senza assistenza. Perfino agli assassini che vengono fatti prigionieri si concedono tre pasti al giorno e assistenza sanitaria o qualcuno con cui parlare e essere in contatto, che garantisca sul loro stato di salute. Loro no. Non abbiamo nessuna notizia».

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