Milano, la dipendente del McDonald’s che ha salvato una ragazza da uno stupro: «Mi ha fatto il segnale e ho chiamato subito il 112»

Nella notte di sabato 18 novembre, su via Torino, la vittima è riuscita a far notare il suo “signal for help”, le quattro dita che si stringono a pugno

Finito il turno di lavoro, davanti al punto vendita su via Torino, nel centro di Milano, i dipendenti del McDonald’s stanno fumando una sigaretta. A un certo punto, si avvicina una coppia. Lui si chiama Fourres Jabir, ha 23 anni ed è di origini marocchine. Lei è una 19enne conosciuta poco prima e sta per subire una violenza sessuale. In realtà, qualcosa è già avvenuto: palpate indesiderate e atteggiamenti aggressivi l’avevano già allarmata. Ma non riesce a divincolarsi da lui. Quando Jabir si approccia ai dipendenti del McDonald’s per chiedere un accendino, lei lancia un “signal for help“, le quattro dita che si stringono a pugno. Una delle dipendenti del locale se ne accorge e, con discrezione, riesce a chiamare il 112.


La storia

«È stata una cosa istintiva, in quel momento non ho pensato di poter essere anch’io in pericolo. Dovevo intervenire, aiutare qualcuno in difficoltà. E sono felice di avere fatto la differenza, con tutto quello che si sente in questo periodo, da Giulia Cecchettin in giù. Almeno una ragazza si è salvata». Inizia così il racconto che Alessandra – nome di fantasia – rilascia a Repubblica. Se nella notte di sabato scorso, 18 novembre, Jabir non riesce a portare a termine la violenza sessuale, il merito è suo. La vittima «stava dietro di un passo. Mi ha fatto vedere la mano, a me che ero l’unica ragazza, le quattro dita che si stringono a pugno». Un gesto che Alessandra capisce al volo: «Lo conoscevo bene, è stato mostrato in diverse campagne in tv e me le sono ricordate. Ed anche qui, al McDonald’s dove lavoro, ci hanno sensibilizzato subito sulla violenza di genere e negli spogliatoi delle donne è affisso il numero 1522 e un Qr code con le modalità per chiedere aiuto».


La chiamata al 112

Così, digita il 112 e incomincia a parlare con gli agenti a bassa voce, senza farsi notare dal violentatore. Anche i colleghi intuiscono qualcosa, poiché la ragazza con il labiale prova a far percepire la parola “aiuto”. Dovevano guadagnare tempo per consentire alle forze dell’ordine di arrivare: «Per un minuto quella coppia si è seduta di fronte a noi, poi lui ha finito la sigaretta, e si sono alzati incamminandosi. La ragazza continuava a voltarsi verso di noi. Credo non avesse capito nemmeno lei che fossi al telefono per darle una mano». Mentre lui non mostra segnali di nervosismo: «Lui è rimasto sempre tranquillo, se non fosse stato per i segni della ragazza avrebbero avuto tutta l’aria di una coppia normale. A un certo punto sono spariti dietro una leggera curva, noi ci siamo incamminati per tenerli a vista, sempre continuando a guidare la polizia. Finché non sono arrivati».

L’arresto

Alessandra non riesce a parlare con la vittima una volta che la polizia raggiunge la coppia e arresta Jabir. «Si vedeva che era ancora molto scossa, spaventata. Non abbiamo scambiato parole ma uno sguardo sì. E in quello sguardo c’era tutto, il ringraziamento e il sollievo. Quando è andata via era già più rincuorata. È stato bello». Ieri, 23 novembre, il gip Guido Salvini ha convalidato l’arresto, su richiesta del pm Cristian Barilli. E Alessandra, al cronista Massimo Pisa, conclude spiegando il suo stato d’animo: «Ogni volta provo sconforto nel sapere che ancora oggi, nel 2023, ci siano così tante donne in pericolo. Allo stesso tempo cerco di evitare lo scoramento, di non farmi pesare la vita come se fosse una costante situazione di pericolo». Però delle precauzioni ne prende: «È chiaro che con gli orari di lavoro che faccio bisogna sempre stare attenti. Ne ho parlato l’altra notte con i poliziotti dopo l’arresto. Mi hanno consigliato di mettere uno spray al peperoncino in borsetta. L’ho cercato ma pare sia tutto esaurito, ovunque. E anche questo ci fa capire come si sentono le donne in città».

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