Giulia Cecchettin, Filippo Turetta e la chiamata al 112: «Per i carabinieri era un allontanamento volontario»

Il testimone: sono distrutto. La denuncia di Gino e la definizione: «Non in pericolo di vita»

Si chiama Marco M. ed è l’uomo che ha visto Giulia Cecchettin e Filippo Turetta litigare in un parcheggio a Vigonovo nella notte di sabato 11 novembre. È lui che ha chiamato i carabinieri per dare l’allarme. Ma non c’è stato nessun intervento. Perché non è stato in grado di indicare la targa dell’automobile – era la Fiat Grande Punto nera targata FA015YE – e perché le uniche due volanti in servizio erano impegnate in altri interventi. Marco M. ha quasi 40 anni, vive nel condominio dei Cecchettin e lavora in una catena commerciale lì vicino. Ha un figlio piccolo e viene dal Sud. Oggi ha strappato l’adesivo con il suo nome dal citofono perché vorrebbe essere dimenticato. «Vivo una pressione mediatica non indifferente. Mi hanno chiamato in un milione. Come mi devo sentire secondo lei?».


Il numero di targa

Marco M. parla oggi con l’inviato di Repubblica Rosario Di Raimondo. «Sto come starebbe una persona in una situazione del genere. Sì, domenica sono andato dal padre di Giulia dopo che ho visto girare gli appelli social sulla sua scomparsa. Ma non ne voglio parlare. Sono distrutto dalla vicenda. Averla vissuta è stato davvero brutto». Il suo balcone si affaccia proprio sul parcheggio dell’asilo di Vigonovo. Al 112 ha raccontato di aver sentito una voce di donna gridare: «Basta, così mi fai male». E chiedere aiuto. Poi l’incontro con Gino Cecchettin domenica 12 novembre. Ora è diventato il “super testimone”. Ma vuole essere dimenticato: «Basta, buon lavoro». Cecchettin ha presentato la denuncia di scomparsa alle 13,30 di domenica. Ma questa è stata definita da subito come allontanamento volontario. La persona è stata definita «non in pericolo di vita».


Allontanamento volontario

Due particolari, spiega oggi il Corriere della Sera, nettamente in contrato con quanto si è venuto a sapere dopo. Ma anche lontana da quanto descritto da Marco M. ai militari. Anche Gino aveva fornito elementi di allarme nella sua denuncia: «Mia figlia Elena mi ha raccontato che Turetta non aveva mai perso la speranza di tornare assieme a Giulia, pertanto a volte era insistente e possessivo al punto che lei aveva deciso di troncare definitivamente. Tuttavia Giulia aveva continuato a frequentarlo perché lui era depresso ed era preoccupata per qualche suo gesto inconsulto, temo quindi per l’incolumità di mia figlia». In ogni caso la macchina delle ricerche si mette in moto. Ma non grazie alla telefonata di Marco M. al 112. Perché il padre scopre tutto soltanto nel pomeriggio. Ovvero in un tempo successivo rispetto alla presentazione della denuncia di scomparsa.

Tracce di sangue e impronte di scarpe

I carabinieri si mettono in allarme quando i due eventi vengono collegati. Proprio in quel momento parte il sopralluogo nel parcheggio. Che trova da subito tracce di sangue e impronte di scarpe sneakers. Il giudice delle indagini preliminari scriverà nella sua ordinanza che sono compatibili con quelle trovate nella zona industriale di Fossò. Per questo vengono attribuite a Turetta. Ieri si è parlato anche di una seconda telefonata ai carabinieri. Che sarebbero stati avvertiti anche da un vigilante dopo aver visto la scena dei due a Fossò. Tra la trasmissione delle immagini e la telefonata sarebbe passato diverso tempo. Ma i carabinieri l’hanno smentita.

Le due telefonate e gli interventi

I militari hanno fatto sapere che insieme alla telefonata di Marco M. quella notte «perveniva un’ulteriore richiesta di intervento per una rissa all’interno di un bar, in relazione alla quale disponeva l’invio sul posto di un’autoradio in servizio di pronto intervento. Nelle stesse circostanze di tempo l’altra autoradio disponibile era stata già impegnata per una lite accorsa a seguito di incidente stradale». Intanto si indaga su altre due circostanze emerse di recente. La Grande Punto di Turetta è stata registrata a Fossò prima dell’appuntamento con Giulia di sabato. Forse, è l’ipotesi degli inquirenti, per un sopralluogo. Poi c’è la storia del nastro adesivo usato sul corpo della vittima. Turetta l’avrebbe comprato giorni prima sul web. Anche i coltelli, i guanti e i sacchi di plastica era già nell’auto. Basterà questo per contestargli la premeditazione?

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