Giustizia, salta l’ipotesi dei test psico-attitudinali per i magistrati. Ma è stretta sui fuori ruolo

La misura avrebbe ricalcato quanto già avviene per le forze armate e le forze di polizia

Iniziato poco prima delle 17.30 di oggi, 27 novembre, il Consiglio dei ministri ha esaminato due decreti legislativi che intervengono sul mondo della giustizia. Solo un esame preliminare delle «Disposizioni in materia di riforma ordinamentale della magistratura», ma che si inseriscono in un clima di tensione tra giudici e governo. Riecheggiano a Palazzo Chigi le parole di Guido Crosetto, che sostiene che una «corrente della magistratura» stia preparando attacchi per fermare la «deriva antidemocratica» a cui porta Giorgia Meloni. Il Partito democratico ha chiesto alla presidente della commissione Antimafia, Chiara Colosimo, di calendarizzare un’audizione del ministro della Difesa. La prima notizia a trapelare dalla riunione a Palazzo Chigi è che il governo non cambierà le regole per l’ingresso in magistratura. Nel pre-Consiglio mattutino, era emersa la volontà dell’esecutivo – come avviene per le forze di polizia e le forze armate – di introdurre dei test psico-attitudinali a cui sottoporre gli aspiranti magistrati. Alla fine, l’ipotesi non ha trovato spazio nei testi dei due decreti.


Norme più severe per i magistrati fuori ruolo

Ciò che invece cambierà con i provvedimenti approvati oggi è la regolamentazione dei cosiddetti magistrati fuori ruolo. Non potranno più essere collocati in una amministrazione o un organo diversi da quello di appartenenza «prima del decorso di 10 anni di effettivo esercizio della giurisdizione e, fatti salvi incarichi presso istituzioni di particolare rilievo, sono necessari 3 anni di esercizio prima di un nuovo collocamento fuori ruolo se il primo incarico ha avuto una durata superiore a 5 anni». Lo riporta l’Ansa. In uno dei due decreti del Consiglio dei ministri, poi, è stato codificato codificato «il principio della necessaria sussistenza di un interesse dell’amministrazione di appartenenza per consentire l’incarico fuori ruolo».


In generale, il governo ha deciso di ridurre il numero massimo di magistrati collocati fuori ruolo, stabilito in 180 per la magistratura ordinaria. Gli altri paletti per il collocamento in un’altra amministrazione scattano qualora il magistrato sia impegnato «nella trattazione di procedimenti penali per gravi reati in avanzato stato di istruttoria rispetto ai quali il suo allontanamento possa incidere gravemente sui tempi di definizione». Tuttavia, resta in capo all’organo di governo autonomo della magistratura la valutazione finale che «tenendo conto delle esigenze dell’ufficio di provenienza e dell’interesse dell’amministrazione di appartenenza», ha la possibilità di concedere il collocamento fuori ruolo «in ragione del rilievo costituzionale dell’organo conferente nonché per la natura internazionale dell’incarico». Infine, come annunciato negli scorsi giorni, nei due decreti legislativi in materia di giustizia rientrano le cosiddette “pagelle delle toghe“, ovvero le valutazioni sull’operato dei magistrati da compilare ogni 4 anni.

Leggi anche: