Case green, l’addio alle caldaie a gas complica l’accordo sulla direttiva Ue: domani il testo finale

La versione finale del provvedimento conterrà obiettivi molto meno ambiziosi rispetto alla versione originale

Mancano da definire solo una manciata di dettagli prima che si raggiunga l’intesa definitiva sulla cosiddetta «direttiva case green», il provvedimento europeo che mira ad abbattere le emissioni degli edifici attraverso un maxi-piano europeo di efficientamento energetico. Domani, 7 dicembre, si svolgerà il trilogo – i negoziati informali tra Commissione, Consiglio e Parlamento – e l’accordo sul testo finale della direttiva appare molto vicino. La versione che potrebbe vedere la luce domani prevede obiettivi molto meno stringenti rispetto al documento originale approvato dall’Eurocamera lo scorso marzo. Ma c’è un punto della direttiva su cui, secondo quanto risulta a Open, ancora manca un’intesa tra i diversi attori in gioco: l’eliminazione graduale dei combustibili fossili dagli edifici. Il Parlamento chiede il phase-out di ogni forma di riscaldamento inquinante entro il 2035, mentre il Consiglio vuole che la data venga spostata come minimo al 2040.


La nuova impostazione della direttiva

Stando ai dati della Commissione europea, gli edifici sono responsabili per circa il 40% del consumo di energia dei Paesi Ue e per il 36% delle emissioni totali di gas serra. Da qui, dunque, la decisione di aggiornare la direttiva sulle performance energetiche degli edifici (Epbd) per inasprire i target di efficientamento da raggiungere. La versione della direttiva approvata dal Parlamento prevedeva che tutti gli immobili residenziali raggiungessero la classe energetica E entro il primo gennaio 2030 e la classe D entro il 2033. Obiettivi ritenuti decisamente troppo ambiziosi dal Consiglio Ue, che durante l’ultimo trilogo di ottobre è riuscito – anche su spinta dell’Italia – a strappare un accordo per rivedere l’intera impostazione del provvedimento. Con ogni probabilità, nel testo finale della direttiva non ci sarà più traccia dei target relativi alla classe energetica. La nuova versione prevede che si raggiunga una percentuale fissa (ancora da definire) di risparmio energetico da qui al 2050, ma lascia agli Stati membri maggior margine di manovra. Al posto di fissare criteri uniformi, a ogni Paese verrà chiesto di redigere una road map a cadenza periodica in cui si spiega nel dettaglio quali immobili si intende ristrutturare per raggiungere gli obiettivi fissati a livello comunitario.


I tre nodi da sciogliere

Il trilogo di domani si occuperà di finalizzare i dettagli di questo punto dell’accordo, definendo le percentuali esatte di risparmio energetico che ogni Paese dovrà rispettare. Sul tavolo ci sono però altri tre punti da definire. Il primo, e più ostico, riguarda il phase-out dei combustibili fossili, con Parlamento e Consiglio che devono ancora trovare un’intesa sulla data entro cui gli edifici europei dovranno dire addio una volta per tutte alle caldaie a gas e a tutti gli altri sistemi di riscaldamento alimentati con fonti fossili. Il secondo punto all’ordine del giorno riguarda l’obbligo di installare pannelli solari sugli edifici. La versione approvata dal Parlamento obbligava ogni immobile in costruzione o già esistente a dotarsi di pannelli solari, a patto che l’installazione fosse fattibile e conveniente. Il compromesso proposto dal Consiglio prevede invece di escludere totalmente gli edifici residenziali da questo obbligo, lasciandolo in vigore solo per gli edifici a uso non residenziale sopra una certa metratura. Infine, c’è il nodo «mutui green», ovvero il sistema di accesso agevolato al credito per chi ristruttura casa. Nella versione originale della direttiva questi mutui erano un vero e proprio obbligo per le banche, mentre nel testo finale del provvedimento potrebbe comparire un semplice incoraggiamento.

Credits foto di copertina: EPA/Luong Thai Linh

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