Argentina, il pugno duro di Milei contro le proteste di piazza: interruzione degli scioperi e arresto dei manifestanti

L’annuncio del nuovo protocollo di sicurezza ha fatto infuriare opposizione e sindacati: «Dopo tagli e licenziamenti, criminalizzano chi scende in piazza»

«Senza libertà non c’è ordine e senza ordine non c’è progresso». Recita così l’intestazione del comunicato stampa attraverso cui il ministero della Sicurezza argentino ha reso note alcune novità per reprimere le proteste e le manifestazioni «che impediscono agli argentini di vivere in pace». La stretta sull’ordine pubblico viene direttamente da Javier Milei, il neoeletto presidente argentino ultraliberista. Tra le misure previste dal nuovo protocollo del ministero – uno dei pochi rimasti – ce ne sono alcune particolarmente controverse. Qualche esempio? L’invito alle forze armate a interrompere gli scioperi e arrestare i manifestanti. Oppure gli interventi per «proteggere» i bambini dalle famiglie che li portano alle manifestazioni. O ancora: la decisione di creare un nuovo registro nazionale di tutte le organizzazioni che indicono proteste, picchetti e altre forme di manifestazione del dissenso.


La risposta di opposizioni e sindacati

I partiti di sinistra e le organizzazioni sindacali argentine hanno respinto il nuovo protocollo sulla gestione delle proteste come «illegale e incostituzionale». Non solo: hanno annunciato una nuova manifestazione per il 20 dicembre, dove saranno attese almeno 50mila persone per protestare contro il programma economico dell’esecutivo. «Prima annunciano una svalutazione brutale con tagli alla spesa, blocco delle opere pubbliche e licenziamenti. Adesso presentano un protocollo contro le manifestazioni che è illegale, dato che il diritto alla protesta è protetto dalla Costituzione», attacca in conferenza stampa Gabriel Solano, dirigente del Partido Obrero. La manifestazione del 20 dicembre, ha aggiunto, servirà a «difenderci contro questa aggressione». A criticare aspramente le nuove regole sulle proteste di piazza introdotte da Milei non sono solo i partiti di minoranza. Secondo il Centro di studi legali e sociali (Cels), una ong argentina che si occupa della difesa dei diritti umani, «le misure del governo attaccano il diritto alla protesta, criminalizzano chi manifesta e perseguitano le organizzazioni sociali e politiche limitando diritti e garanzie».


L’affondo di Obrador

Al suo giuramento, Milei ha promesso un piano di austerity senza precedenti per affrontare la crisi economica in cui versa l’Argentina: «Non ci sono soldi, non c’è alternativa all’aggiustamento e non c’è alternativa allo shock», ha detto il neo presidente. Nel breve termine, ha spiegato, «per l’economia le cose peggioreranno e dovrò prendere tutte le decisioni che si renderanno necessarie», ma l’obiettivo è di dare il via a una «nuova era di pace e prosperità, di crescita e sviluppo, di libertà e progresso». Non la vede così il presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador, che oggi ha commentato: «Mi dispiace per come sono andate le cose, ma questa è la volontà della maggioranza degli argentini. Non sono d’accordo con queste politiche, è come tornare indietro a ciò che non ha funzionato». Il presidente messicano ha descritto l’attuale situazione dell’Argentina come uguale al passato, solo «con più circo e più teatro».

Foto di copertina: EPA/Juan Ignacio Roncoroni | Il presidente argentino Javier Milei sorride ad alcuni sostenitori (Buenos Aires, 10 dicembre 2023)

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