Netanyahu dopo la tragica uccisione di tre ostaggi: «Ho il cuore a pezzi, ma la guerra a Gaza prosegue finché Hamas non sarà distrutta»

I soldati che hanno sparato «hanno violato le regole d’ingaggio», dice l’Idf. Ma il premier vuole una Striscia demilitarizzata e chiude anche all’Anp

Sventolavano bandiera bianca i tre ostaggi israeliani uccisi ieri a Gaza dai militari loro connazionali in un «tragico errore». Lo svelano i primi riscontri dell’indagine interna all’Idf: i tre, secondo quanto emerge, erano a torso nudo e uno di loro aveva levato un bastone su cui era attaccato un drappo bianco, segno universale di resa. Un segnale che non sarebbe stato visto però o considerato dai soldati, che li hanno uccisi – sostengono – credendoli terroristi. Una giustificazione che non basta all’esercito però, che parla già di «violazione delle regole d’ingaggio». Secondo i dettagli dell’indagine riportati dai media israeliani, Yotam Haim, Samer El-Talalka e Alon Shamriz – tutti tra i venti e i trent’anni – erano in qualche modo sfuggiti al controllo di chi li aveva rapiti e si stavano avvicinando a una posizione dell’Idf nella zona di Shejaiya, a Gaza City, dove negli ultimi giorni si sono verificati pesanti combattimenti.


Il tragico errore e le reazioni in Israele

Vedendoli avvicinarsi, un soldato israeliano avrebbe aperto il fuoco gridando: «Terroristi». Due degli ostaggi sono morti immediatamente, mentre uno di loro era fuggito al riparo in uno degli edifici circostanti, dove è stato raggiunto e ucciso dei militari israeliani nonostante chiedesse aiuto in ebraico, riporta il Guardian. Pare che l’edificio dove i tre si erano inizialmente nascosti, su cui si leggeva la scritta «SOS! Tre ostaggi!», fosse noto da alcuni giorni ai militari stanziati nell’area, che lo avevano però creduto una trappola. In seguito alla diffusione della notizia dell’uccisione, in Israele sono state indette nuove manifestazioni per chiedere la liberazione di tutti gli ostaggi ancora in mano ad Hamas, nelle stesse ore in cui si diffondeva la notizia di un nuovo incontro la scorsa notte tra il capo del Mossad David Barnea e il premier del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani per esplorare le possibilità di una nuova tregua nei combattimenti tra Israele e Hamas.


La versione di Netanyahu

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, di nuovo nel mirino delle polemiche politiche per non aver messo la faccia subito sul tragico incidente dell’esercito, lasciando l’onere dell’annuncio al portavoce dell’Idf, sembra restare sulle sue posizioni. Nel corso di una conferenza stampa in serata, ha ribadito all’opinione pubblica di essere determinato a proseguire l’operazione militare nella Striscia di Gaza «fino alla fine»: ossia fino alla distruzione di Hamas. La morte accidentale dei 3 ostaggi «ha spezzato il mio cuore e quello della nazione» e ora «abbiamo appreso la lezione», ha assicurato Netanyahu, ribadendo che Israele è pronto a compiere «tutti gli sforzi militari e diplomatici per riportare a casa tutti gli ostaggi». Ma «nonostante il lutto e nonostante le pressione internazionali, nulla ci fermerà». Che succederà nel day after del supposto successo, vuole sapere il mondo intero? «Dobbiamo dire la verità e non coltivare illusioni. Dopo l’eliminazione di Hamas, la Striscia sarà smilitarizzata e sarà sotto il controllo di sicurezza israeliano». L’ipotesi che ad assumerne il controllo possa esserne l’Autorità nazionale palestinese, insomma, per Netanyahu resta lunare. «Non permetteremo che “Hamastan” si trasformi in “Fatahstan”», ha sintetizzato il premier riferendosi al partito guidato da Abu Mazen, e ricordando un recente sondaggio che mostrava come l’82% dei palestinesi in Cisgiordania (governata dall’Anp) ritenga giusto il massacro di israeliani compiuto da Hamas il 7 ottobre. «E loro dovrebbero controllare Gaza?», ha chiosato.

Assedio in chiesa

Intanto, a Gaza non si arrestano i combattimenti. Oggi a finire sotto attacco sembra sia stata anche la parrocchia latina dell’enclave palestinese: sarebbero morte almeno due persone e cinque sarebbero rimaste ferite. A renderlo noto all’Ansa sono alcune fonti del Patriarcato latino di Gerusalemme. Secondo le informazioni filtrate, questa notte un carro armato israeliano aveva sparato verso la casa delle suore di Madre Teresa distruggendo il generatore elettrico che a sua volta avrebbe preso fuoco provocando gravi danni e ferendo alla gamba una sorella. Oltre alle religiose, nel luogo di culto cattolico dedicato alla Sacra Famiglia sono rifugiate circa 600 persone, in queste ore in preda alla paura mentre i cecchini israeliani sparano a chiunque si muova. Ad essere state ammazzate sarebbero una madre e una figlia, colpite mentre si spostavano per andare verso i bagni. Le informazioni continuano a filtrare in maniera difficoltosa a causa delle continue interruzioni della linea internet e telefonica.

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