Sciopero il 22 dicembre, la protesta poco prima di Natale per i lavoratori del commercio, turismo e ristorazione

Sindacati e imprese non hanno raggiunto un accordo sugli aumenti salariali da inserire nel contratto collettivo, scaduto nel 2019

Alla vigilia delle festività natalizie, il rischio di trovare ristoranti o negozi con la serranda abbassata si fa sempre più concreto. I sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti hanno proclamato uno sciopero per venerdì 22 dicembre, che potrebbe coinvolgere fino a 5 milioni di lavoratori dei settori del commercio, del turismo e della ristorazione. Alla base della protesta c’è la richiesta di rinnovo del contratto collettivo, scaduto dal 2019. Considerando tutti i settori coinvolti nello sciopero, sono dodici i contratti siglati con le associazioni datoriali: quattro del terziario e gli altri riconducibili a ristorazione e turismo. I sindacati chiedono che nella trattativa per gli aumenti salariali si tenga conto dell’Ipca (Indice dei prezzi al consumo armonizzato), che – se applicato – porterebbe a 300 euro mensili di aumento nelle buste paga dei lavoratori. Le controparti, però, sono disposte a offrirne solo la metà.


Le richieste dei sindacati

Lo sciopero indetto dalle sigle sindacali serve proprio a questo: «sollecitare un avanzamento del confronto e denunciare lo stallo delle trattative», si legge sul sito della Uil. Ad accompagnare la mobilitazione dei lavoratori saranno tre cortei interregionali (a Roma, Napoli e Milano) e due manifestazioni regionali (a Cagliari e Palermo). Nel capoluogo lombardo, dove l’appuntamento è previsto per le 9:30 in Piazza Castello, sarà presente anche il segretario della Cgil Maurizio Landini. «Le imprese affermano di non poter sostenere i costi per il rinnovo, ma noi nel turismo vediamo una evidente ripartenza, dalla stagione balneare alle città d’arte, e le vendite nella grande distribuzione stanno tenendo», sottolineava nei giorni scorsi a Repubblica il segretario generale della UilTucs, Paolo Andreani. Da qui, dunque, le richieste dei sindacati di «riconoscere aumenti retributivi necessari a contrastare l’inflazione» e di non «manomettere diritti acquisiti, come scatti di anzianità, quattordicesima e permessi retribuiti». Al di là delle migliorie economiche, i lavoratori chiedono ai propri datori di lavoro una revisione degli orari, così da conciliare i turni in azienda con la propria vita privata. Ma anche norme per il contrasto alla violenza di genere, il sostegno alla genitorialità e misure per contrastare la precarietà.


La posizione di Confcommercio

A pochi giorni dalla mobilitazione, anche Confcommercio interviene sulla vicenda. E lo fa ribadendo la propria «disponibilità al confronto immediato» e rigettando al tempo stesso «le motivazioni poste strumentalmente a sostegno dello sciopero del 22 dicembre». L’associazione datoriale scrive: «Quando si è giunti alla necessità di stringere il negoziato, a fronte della disponibilità di riconoscere incrementi salariali in linea con l’inflazione ma a condizioni di piena sostenibilità per le imprese, si è registrata una totale indisponibilità ad affrontare un confronto a tutto tondo». Lo scorso 11 dicembre, Confcommercio ha inoltrato ai sindacati una nuova proposta di incontro per scongiurare lo sciopero, con Cgil, Cisl e Uil che hanno acconsentito a partecipare solo a patto che venissero riconosciuti «i dovuti aumenti salariali» e che fossero rimosse alcune «pregiudiziali». Le parti non sono riuscite a trovare l’intesa. Di conseguenza, l’incontro non è avvenuto e lo sciopero del 22 dicembre è stato confermato.

Foto di copertina: ANSA/MAtteo Corner | Luminarie e mercatino di Natale in piazza Duomo e corso Vittorio Emanuele, a Milano (4 dicembre 2023)

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