Il Wall Street Journal picchia sull’Italia: «Economia ferma». Perché? «Protegge tassisti e balneari. E penalizza le donne»

L’analisi del quotidiano finanziario: la stasi italiana dovuta alla mancanza di meritocrazia

Le lunghe fila per i taxi alle stazioni di Milano e di Roma sono il simbolo della stagnazione dell’economia italiana, che da 30 anni ormai non riesce a tenere il passo delle altre economie occidentali. E tassisti, balneari come le donne discriminate sul lavoro sono effettivamente il freno a un paese che non ce la fa a crescere e a diventare davvero moderno. È un ritratto impietoso dell’Italia quello che fa Eric Sylvers sul Wall Street Journal del 26 dicembre in un lungo reportage dal titolo: «Perché l’economia italiana non riesce a ingranare? Consideriamo le fila dei taxi».


Le lunghe code per un’auto a Milano

Il racconto del Wall Street Journal parte da Milano, spiegando che «trovare un taxi nella capitale finanziaria italiana quando piove comporta lunghe file e pazienza. Durante le fiere e le sfilate di moda è ancora più difficile: la domanda aumenta, ma il numero di taxi rimane invariato». Per il giornale finanziario «per anni i tassisti italiani si sono messi al riparo dalla concorrenza facendo pressioni per limitare il numero di licenze per i taxi e per limitare le società di sharing come Uber. I sindaci che cercano di affrontare i tassisti possono andare incontro a scioperi e blocchi stradali che paralizzano le città».


Economia italiana ancora sotto il 2007

Secondo il quotidiano finanziario infatti «una delle ragioni principali della stagnazione italiana è il potere dei gruppi di interesse che ostacolano con successo gli sforzi per stimolare la concorrenza, l’innovazione e la produttività». Ed è per questo che secondo la Banca Mondiale l’economia italiana è ancora sotto di un punto e mezzo al pil che aveva nel 2007, prima della crisi finanziaria mondiale. Però «in questo periodo l’economia tedesca è cresciuta del 17%, quella francese del 13% e quella statunitense del 28%. Gran parte della stasi italiana può essere ricondotta alla mancanza di meritocrazia che permea il settore pubblico e privato».

Mai risolto il divario di genere nel lavoro

Ma uno dei talloni di Achille dell’Italia è anche il divario di genere: «In Italia», spiega il WSJ, «il 55% delle donne in età lavorativa è occupato, il livello più basso dell’Unione Europea, secondo il servizio statistico dell’UE. Questo dato si confronta con l’80% della Germania e il 71% della Francia. Mentre vari fattori spingono verso il basso il tasso di occupazione in Italia, tra cui la mancanza di servizi di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili, Lorenzo Codogno e altri economisti sottolineano le norme culturali in casa e sul posto di lavoro che portano molte donne a rinunciare alla carriera per crescere i figli».

Anche i giovani sono fermi al palo

Non va molto meglio con i giovani spiega il reportage impietoso con l’Italia: «Un sistema radicato che premia l’anzianità rispetto alle competenze degli individui contribuisce anche alla mancanza di progresso economico dell’Italia. Il risultato è che quasi il 21% degli italiani di età compresa tra i 15 e i 34 anni non ha un lavoro, non studia e non segue una formazione, il dato più alto dell’UE. Questo dato si confronta con il 13% della Francia e il 10% della Germania (…) Rispetto ad altri Paesi occidentali, l’Italia ha poche startup di successo internazionale e attira poco capitale di rischio. L’Italia figura a malapena nelle classifiche delle 100 migliori università del mondo e gli studenti italiani delle scuole superiori hanno risultati inferiori a quelli della maggior parte degli altri Paesi sviluppati».

I balneari simbolo della mancata concorrenza

Infine i balneari, su cui il governo di Giorgia Meloni si è scontrato con la commissione europea: «Le spiagge italiane offrono», spiega il WSJ, «un altro spaccato della mancanza di concorrenza e della resistenza al cambiamento. Anno dopo anno, le stesse aziende pagano alle autorità pubbliche una piccola tassa per ottenere concessioni lucrative per affittare ombrelloni e sedie reclinabili ai bagnanti. L’UE si è lamentata della mancanza di gare d’appalto pubbliche e delle entrate insignificanti che il governo italiano raccoglie per questi privilegi. I problemi delle spiagge e dei taxi italiani dimostrano che i problemi del Paese sono legati a leggi sbagliate, piuttosto che a una mancanza intrinseca di talento o di imprenditorialità nel Paese».

Quel tassista eroe di Bologna

L’inchiesta si chiude dove era iniziata: con i tassisti. Il Wall Street Journal spiega che «gli autisti di Uber devono essere in possesso di una licenza e di un’auto di lusso, il che rende il servizio più costoso rispetto a un normale taxi e ne smorza l’attrattiva per la maggior parte degli aspiranti utenti. In molte città italiane i tassisti hanno bloccato il rilascio di nuove licenze di taxi negli ultimi due decenni, proteggendo il valore della propria licenza ma rendendo difficile trovare un passaggio. Ma stanno perdendo la simpatia della nazione». Però il quotidiano racconta che «un tassista di Bologna è diventato un eroe di culto sui social media quando ha sfidato questa narrazione pubblicando i suoi incassi giornalieri su X, l’ex Twitter. La sua popolarità è cresciuta solo questo mese, quando la sua cooperativa di taxi lo ha sospeso per una settimana per aver danneggiato la sua immagine». Il tassista di Bologna è Roberto RedSox, un divo per il pubblico social. Per tutti, ma non per i suoi colleghi.

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