Ferragni, i guai con la bambola Trudi e ora anche il brand Monnalisa valuta di rompere. L’influencer ha già perso 5 milioni

L’azienda aretina di vestiti per bambini ha spiegato che stanno «valutando il da farsi»

In questo periodo, sembra non esserci tregua per Chiara Ferragni: dopo l’annuncio di Coca-Cola, che ha fatto sapere che l’influencer non sarà sua testimonial nel 2024, anche Monnalisa, azienda aretina che produce abiti per bambini, starebbe valutando di tagliare i ponti dopo l’affaire Balocco. Lo ha dichiarato a la Repubblica la Creative Director del brand, Barbara Bertocci. Non si tratterebbe ancora di una decisione definitiva, ma di un’ipotesi che sarebbe sul piatto: «Siamo un’azienda quotata in borsa e dobbiamo prima valutare con il nostro Cda il da farsi. Le feste di Natale hanno rallentato un po’ questo processo». Nonostante, infatti, l’influencer abbia siglato un accordo di licenza che dovrebbe scadere nel 2025, Bertocci avrebbe lasciato intendere la possibilità di rescindere il contratto prima del tempo. Il Giornale calcola oggi in cinque milioni di euro il danno economico dall’affaire Balocco. «Se la Ferragni non recupera la sua credibilità presto può perdere gran parte del suo fatturato annuale, che ammonta a decine di milioni di euro», spiega al quotidiano il fondatore di Vis Factor Tiberio Brunetti. Nel frattempo, nel mirino dei pm milanesi entra anche la bambola con le fattezze della celebre «insalata bionda».


La Chiara Ferragni Mascotte

Si tratta di una bambola alta 34 centimetri, che potrebbe complicare ulteriormente l’indagine su Ferragni e la beneficenza. I pm di Milano e la Guardia di Finanza che indagano sul pandoro Balocco e sull’uovo di Pasqua di Dolci Preziosi lavorano anche sull’iniziativa che risale al maggio 2019. La Verità spiega che mentre il suo prezzo di vendita è sceso da 34,99 a 24,99 euro la Trudi-Limited Edition venne presentata così: «Visto che molti di voi hanno amato la bambola Chiara Ferragni che creammo per il nostro matrimonio (con il rapper Fedez, ndr) abbiamo deciso di creare un’edizione limitata della Chiara Ferragni Mascotte: si vende ora su The Blonde Salad e tutti i profitti andranno a Stomp out bullying, un’organizzazione no profit per combattere contro il cyberbullismo, un argomento molto vicino al mio cuore».


La Stomp out bullying

L’associazione citata da Ferragni si occupa di lotta all’omofobia e alla discriminazione. Gli investigatori vogliono controllare in che modo sia stata effettuata la distribuzione dei denari incassati dalla vendita. Nel pomeriggio la The Blonde Salad Srl ha però replicato: «In merito a quanto riportato in data odierna da alcuni organi di informazione relativamente alla bambola Ferragni, Tbs crew Srl, società controllata da Chiara Ferragni, precisa che i ricavi derivanti dalle vendite di tale bambola avvenute tramite l’e-commerce The Blonde Salad, al netto delle commissioni di vendita pagate da Tbs al provider esterno che gestiva la piattaforma e-commerce, sono stati donati all’associazione Stomp Out Bullying nel luglio 2019», con la precisazione: «Tbs crew Srl, infine, specifica altresì che l’impegno a favore di Stomp Out Bullying ha riguardato – come dichiarato nei materiali di comunicazione – esclusivamente le vendite delle bambole fatte sul canale e-commerce diretto e non anche su altri canali gestiti da terzi». E già lunedì il procuratore aggiunto Eugenio Fusco potrebbe iscrivere nel registro degli indagati proprio l’influencer e chi ha lavorato agli altri due progetti. La Gdf ha acquisito tutta la documentazione dell’Antitrust sul pandoro. Mentre il caso dell’uovo è ancora sotto esame. Nel frattempo però si investiga anche sugli altri casi di beneficenza dichiarata. Controllando se ogni volta che è stata usata la parola “beneficenza” lo si sia fatto correttamente. E su questo ambito c’è anche un altro ambito: quello del cachet di Sanremo dell’anno scorso. Ferragni decise di devolvere il suo compenso per la conduzione (centomila euro) alla Di.Re. (Donne in Rete contro la violenza).

Il negozio vuoto

In questo caso non si sa se a devolvere il compenso sia stata direttamente la Rai oppure l’abbia fatto la moglie di Fedez. Ma si tratta comunque di soldi dei contribuenti. Intanto, mentre Ferragni è tornata sui social, il negozio di corso Como ieri era vuoto. C’erano solo le due commesse vestite in total look Ferragni. Intanto, però, ci sarebbe chi sta stringendo un nuovo patto: un marchio che appartiene a una multinazionale e che presto potrebbe comparire nelle sue stories di Instagram.

Mariella Enoc e la beneficenza

«Non postare nulla per venti giorni vuol dire non esistere», aggiunge Tiberio Brunetti parlando con il Giornale. E nel frattempo si fa sentire anche l’ex presidente del Bambin Gesù Mariella Enoc. In un’intervista a La Stampa dice che la pubblicità della beneficenza non è la strada giusta e che gli ospedali sbagliano con l’influencer: «Personalmente sono sempre stata prudente, ho evitato di concedere il logo del Bambino Gesù per iniziative pubblicitarie». E spiega che «nel 2014, quando sono arrivata, il Bambino Gesù era nelle cronache sugli scandali, non godeva certo di una buona reputazione anche se nessuno ha mai messo in dubbio l’altissima qualità del nostro personale ospedaliero».

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