Matteo Concetti, morto suicida nel carcere di Ancona, aperta un’inchiesta in procura. Ilaria Cucchi al sottosegretario Delmastro: «Non si sente in colpa?»

Il ragazzo, 23 anni e con problemi psichiatrici, aveva manifestato più volte l’intenzione di farla finita. L’ultimo colloquio drammatico con la madre: «Portami via di qui, mi faranno fare la fine di Stefano»

La Procura di Ancona ha aperto un fascicolo per istigazione al suicidio sulla morte di Matteo Concetti, il 25enne originario del fermano, trovato morto il 5 gennaio scorso nella cella del carcere di Montacuto, ad Ancona, dove era in isolamento. Il fascicolo contro ignoti è seguito dal pm Marco Pucilli, che ha anche disposto il sequestro della salma, dopo l’esposto presentato dalla madre del ragazzo ai carabinieri di Rieti, dove la donna vive. L’autopsia sul corpo del giovane sarà eseguita con ogni probabilità venerdì 12 gennaio dal medico legale Raffaele Giorgetti. «Mamma, mi devi portare fuori di qui. Non ce la faccio più. Devi chiamare Ilaria Cucchi, qua mi fanno fare la fine di Stefano». Sono queste le ultime parole di Matteo Concetti, raccolte attraverso sua madre, Roberta Faraglia, che oggi a la Repubblica si chiede come sia possibile che il suo ragazzo, di 23 anni, sia riuscito a suicidarsi in una cella d’isolamento nel carcere di Ancona. «Se solo gli avessi dato ascolto quindici giorni fa, chissà, forse sarei riuscita a portarlo fuori da quell’inferno dove me l’hanno ucciso – dice ancora la donna – Cucchi l’ho chiamata ma solo venerdì, poche ore prima che Matteo si uccidesse».


Le ultime parole di Matteo Concetti: «Mamma io mi impicco»

«Sono parole drammatiche quelle di Roberta Faraglia: Mio figlio aveva un disturbo psichiatrico accertato, era bipolare, in carcere non ci poteva stare. Tantomeno in isolamento, senza nessuno che lo controllasse, impaurito e agitato com’era. Venerdì mattina, nell’ultimo colloquio che abbiamo avuto, lo ha detto a me e a suo padre davanti alle guardie e a un avvocatessa: ‘Mamma, mi ha detto, se mi riportano giù in isolamento mi impicco‘. Io ho chiesto aiuto a tutti, nessuno mi ha dato ascolto e hanno lasciato che si suicidasse». «Ho chiesto rassicurazioni alle guardie, le ho implorate che non lo lasciassero solo. Ho chiesto aiuto all’infermiere che era venuto per dargli una terapia che non gli hanno invece voluto far prendere, ho chiesto di poter parlare con il medico. ‘Oggi non c’è nessuno, non possiamo aiutarla‘, mi hanno risposto. Ho chiamato il cappellano, gli avvocati, il tutore che gli era stato nominato. Nessuno mi ha ascoltato. ‘C’è il weekend di festa, poi ne parliamo‘». «Come si è impiccato? Gli avevo portato delle patatine, degli affettati e non me li hanno fatti entrare per motivi di sicurezza – racconta la donna a Repubblica – Quando sono entrata in carcere mi hanno fatto togliere la cintura del cappotto. E lui invece è riuscito ad impiccarsi in cella. Come è possibile? Ma adesso denuncio tutti. Denuncio il carcere e lo Stato che me lo ha ammazzato».


Ilaria Cucchi e la lettera aperta al sottosegretario Delmastro

La senatrice Ilaria Cucchi era stata contattata dalla mamma di Matteo il giorno stesso del suicidio. Oggi scrive una lettera aperta nei confronti del sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, pubblicata da La Stampa. «A lei non interessa nulla il fatto che Matteo – scrive Cucchi – persona con particolari deficit psichiatrici, la sera del 4 gennaio sia stato trovato morto impiccato nella cella di isolamento. Caro sottosegretario le confesso che io, a differenza sua mi sento tanto in colpa». «Perché la madre di quel ragazzo – ricorda la senatrice – aveva cercato di contattarmi riuscendo a parlare con me al telefono alle 14 di quel maledetto giorno. Ho fatto mie quelle preoccupazioni. Stavo preparando le valigie per fare ritorno a Roma ripromettendomi che alla ripresa del mio lavoro, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata quella di contattare il carcere e il Dap. Non ho fatto in tempo: Matteo Concetti è deceduto alle 20 di quello stesso giorno in cui sua madre aveva parlato con me. Mi sto chiedendo se avrei potuto fare qualcosa per salvarlo». «Il sindacato di Polizia Penitenziaria, puntuale come sempre, fa sapere che nei giorni precedenti Matteo aveva aggredito un agente. Ma era un malato psichiatrico con tanto di amministratore di sostegno, caro sottosegretario, le interessa tutto questo? Si sente in colpa come titolare delle funzioni istituzionali che riveste o quantomeno come uomo? Onestamente non credo. Lei e soltanto lei, oggi, dovrà rispondere su questa tragedia. Ma non mi aspetto nulla da parte sua. Sono note le sue vibranti prese di posizione per abolire la legge che punisce la tortura. Io porto il peso di questa immane tragedia. Sicuramente vive meglio lei, tra feste, cene e proclami. Farei a cambio con Lei? No grazie. Preferisco la mia vita», conclude la lettera pubblicata sul quotidiano torinese.

(voto via Repubblica)

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