Il neonato abbandonato in un cassonetto a Villanova Canavese: «Aveva ancora la placenta, la madre ha 10 giorni per cambiare idea»

Lo ha salvato un operaio di etnia sinti. Il responsabile di neonatologia dell’ospedale: sta bene

La mamma che ha abbandonato un neonato in un cassonetto dei rifiuti a Villanova Canavese alle porte di Torino «forse è una ragazza giovane, magari minorenne. Chissà che disperazione deve aver provato». Il bambino è stato abbandonato come un rifiuto in una busta della spesa. Per terra, nudo, accanto a un bidone dell’immondizia. Poi Paolo Laforet, operaio di etnia sinti, lo ha trovato e gli ha salvato la vita. E ora vorrebbe che il bimbo portasse il suo cognome. Intanto la procura ha aperto un’inchiesta per tentato infanticidio. E forse due telecamere potrebbero aver ripreso la scena. «Il bimbo era in una busta rossa. Quando è stato trovato aveva i piedini che spuntavano», dice il sindaco della cittadina Paolo Ferrero all’edizione torinese di Repubblica.


L’indagine per infanticidio

L’indagine per infanticidio parte proprio dalle condizioni del ritrovamento: potrebbero far ipotizzare che c’era una precisa volontà di sbarazzarsi di lui. Intanto Giovanni Ligriesti, responsabile del nido in cui si trova il bimbo e della neonatologia dell’ospedale Cirié, spiega che il bimbo «sta bene, è in condizioni per fortuna buone se non ottime. È un neonato che pesa tre chili 380 grammi, ed è lungo 51 centimetri: questo significa che con ogni probabilità è nato a termine. Ed è bellissimo». Ma quando era arrivato «aveva ancora la placenta attaccata. Questo ci fa ipotizzare che possa essere trascorsa un’ora, al massimo due. e anche il ritrovamento deve essere avvenuto molto velocemente rispetto a quando è stato abbandonato».


10 giorni di tempo

Ora, spiega, «sarà il tribunale a decidere il da farsi. Molto probabilmente Lorenzo resterà qui con noi sino a quando non sarà trovata la soluzione più adatta per lui. la cosa più probabile è l’adozione, oppure l’affidamento temporaneo, di solito a una famiglia o a una struttura: dipenderà da cosa deciderà il giudice». La madre, infatti, «ha tempo dieci giorni per riconoscerlo. Altro non posso aggiungere perché, anche se cambiasse idea, ormai è una questione che riguarda esclusivamente il tribunale e non più noi».

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