Cosa sappiamo dell’incremento di alcuni tumori nei giovani

Da 30 anni si registra un incremento nei casi di cancro negli under 50: ecco le ipotesi sulle possibili cause

L’incremento dei casi di tumori nei giovani è un fenomeno che da noi ha ottenuto nuovamente attenzione a seguito dei commenti di Roberto Burioni a un recente articolo di Brianna Abbott per il Wall Street Journal, dove si racconta il caso di Meilin Keen (27 anni), la quale mentre studiava per l’esame di riabilitazione a New York come avvocato aveva cominciato a vomitare sangue. I medici le trovarono un cancro allo stomaco, che le è stato rimosso dai chirurghi lo scorso dicembre. Ma del problema si parlava già da tempo. Stando ai dati provenienti dagli Stati Uniti, certi tumori stanno colpendo sempre più i minori di 50 anni.


I tumori nei giovani in cifre

Nel 2019 si è registrato un aumento di 107,8 casi ogni 100 mila under 50. I tumori nei giovani nel 2000 erano 95,6 ogni 100 mila. Parliamo di un incremento del 12,8%. In un mondo globalizzato è piuttosto probabile che stiamo parlando di un problema non riguardante solo gli Stati Uniti. Uno studio della rivista BMJ Oncology ha analizzato le «tendenze globali in termini di incidenza, morte, carico e fattori di rischio del cancro a esordio precoce dal 1990 al 2019». Secondo i dati l’incidenza globale è aumentata del 79,1%, mentre le morti per esordio precoce sono salite del 27,7% negli ultimi 20 anni. Si parla soprattutto di  «tumori al seno, alla trachea, ai bronchi, ai polmoni, allo stomaco e al colon-retto». Quelli a esordio precoce hanno mostrato un mortalità più elevata nel 2019.


A livello globale, i tassi di incidenza del cancro nasofaringeo e della prostata a esordio precoce hanno mostrato la tendenza all’aumento più rapida – spiegano i ricercatori -, mentre il cancro al fegato a esordio precoce ha mostrato la diminuzione più marcata. I tumori del colon-retto a esordio precoce avevano DALYs [anni di vita corretti per la disabilità, nda] elevati tra i primi cinque classificati sia per gli uomini che per le donne.

Ma questi numeri vanno contestualizzati all’interno dei risultati generali che si stanno ottenendo nella ricerca e nelle terapie contro il cancro. Altrimenti il rischio adesso è quello di generare un panico ingiustificato. Massimo Fantini, esperto di immunoterapia contro il cancro, immunologia e ricerca sul cancro, oltre a far notare che di questo problema si riflette già da anni, spiega su Twitter che non solo non brancoliamo proprio nel buio, ma «la mortalità per cancro ha continuato a diminuire fino al 2021, evitando milioni di decessi dal 1991 grazie alla riduzione del fumo, alla diagnosi precoce di alcuni tumori e al miglioramento delle opzioni di trattamento sia in ambito adiuvante che metastatico».

Le probabili cause

Un indizio che potrebbe spiegare i fattori determinanti sta nel fatto che i Paesi con un indice socio-demografico (SDI) medio-alto presentano tassi più elevati di cancro precoce. Questo è interessante, perché l’SDI misura il reddito pro capite, la scolarità e il tasso di fecondità totale. Va tenuto conto anche della migliorata capacità di accedere a screening e diagnosi. La letteratura su quanto “uccidano” i cattivi stili di vita è piuttosto ampia. Basta dare un’occhiata alla tabella della IARC, che classifica le sostanze in base alla probabilità che possano essere cancerogene per farci un’idea. Lo studio di BMJ Oncology riporta anche delle proiezioni (che non sono previsioni ma dicono cosa potrebbe succedere se tutto dipendesse solo dai fattori noti e se questi restassero immutati), secondo le quali «il numero globale di incidenza e di decessi per cancro a esordio precoce aumenterebbe rispettivamente del 31% e del 21% nel 2030». Tra le possibili cause si elencano dei «fattori di rischio dietetici», che rispecchiano le raccomandazioni già note di OMS e IARC: «dieta ricca di carne rossa, povera di frutta, ricca di sodio e povera di latte […], il consumo di alcol e l’uso di tabacco».

Tutto questo è un rumore di fondo che va a perdersi nei dati riguardanti gli anziani, i quali di base restano la fascia di persone più a rischio. La ricerca contro il cancro ha fatto passi da gigante, specialmente grazie alle diagnosi sempre più tempestive si riesce a prolungare la vita a tante persone. Il timore è che questo incremento negli under 50 minacci di vanificare tali progressi. Forse dovremmo smetterla di considerare il cancro una malattia dell’invecchiamento.

Il caso emblematico dei tumori al colon-retto

Lo stile di vita gioca mediamente un ruolo importante, ma c’è anche chi ipotizza che il fenomeno possa spiegarsi con «esposizioni cancerogene» avvenute durante l’infanzia, cosa che complicherebbe ulteriormente il lavoro di ricerca. Arginare dei fattori specifici anche in ragione dei diversi tipi di tumore ci aiuterebbe non poco. Negli Stati Uniti in particolare i nati negli anni ’90 hanno un rischio doppio di sviluppare un tumore al colon e quattro di più per il cancro del retto, anche se globalmente i casi sono in calo. Questo almeno è quanto suggerisce uno studio del Journal of the National Cancer Institute del 2017.

L’incidenza del cancro al colon-retto (CRC) negli Stati Uniti sta diminuendo rapidamente nel complesso ma, curiosamente, sta aumentando tra i giovani adulti. Il rischio di CRC specifico per età è tornato al livello dei nati intorno al 1890 per le coorti di nascita contemporanee – spiegano gli autori -, sottolineando la necessità di una maggiore consapevolezza tra i medici e il pubblico in generale, nonché di ricerca eziologica per chiarire le cause di questa tendenza. Inoltre, poiché quasi un terzo dei pazienti affetti da cancro del retto hanno meno di 55 anni, si dovrebbe prendere in considerazione l’avvio dello screening prima dei 50 anni. Come spesso succede quando un tema di interesse scientifico acquista una notevole importanza, gli studi che cercano di suggerire un collegamento specifico non mancano. E vanno considerati tutti. C’è persino chi ha valutato la correlazione tra il nascere col parto cesareo e lo sviluppo del cancro al colon-retto a esordio precoce. Altri studiano eventuali collegamento con le microplastiche; le bevande zuccherate; oppure l’obesità, un fenomeno che com’è noto interessa particolarmente gli Stati Uniti.

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