Alessandro Baricco racconta da Fazio la malattia: «È un percorso in salita ma sto bene. E non voglio alimentare paure»

Lo scrittore è ospite di Che Tempo Che Fa: «Ho condiviso sui social alcune curve di questo viaggio per un motivo pratico»

«Sto bene altrimenti non sarei qui. Ho passato l’estate all’ospedale san Raffaele, non so, tu dov’eri?». Scherza con Fabio Fazio lo scrittore Alessandro Baricco, ospite di Che Tempo Che Fa sul Nove, dove parla anche della sua malattia e delle sue condizioni di salute. Ma lo fa con un monito: non ossessionatavi alle malattie dei vip, non pensate che il dolore sia la normalità. Prima però, descrive quello che ha vissuto. Nel gennaio del 2022, due anni fa, aveva annunciato di soffrire di leucemia. «Lasci giù dei bei pezzi di te e quindi quando esci, guarito o no, hai un cammino da fare per recuperare tutto, è una specie di salita», ammette le difficoltà Baricco, «pensa che dovevo lavarmi i denti ed ero così debole che non riuscivo a fare il gesto era tenere ferma la mano con l’altro braccio e muovere la testa. Là mi sono interrogato su dove ti porta la vita». Tutto il racconto avviene con il sorriso e una serenità diffusa. Fazio gli chiede se è cambiato il suo rapporto con il corpo, se si è sentito tradito. «Con il mio corpo ho lavorato tutta la vita. Tra corpo e la mente, è proprio il corpo che di solito è arrivato prima di me sulle cose», ha risposto, a dispetto di chi potrebbe pensare che un intellettuale sia più interessato alla mente che al corpo, «non l’ho mai vissuto come una zavorra anzi, è l’essenza stessa del mio viaggio. Ti dirò, non mi sono arrabbiato quando son stato male».


La malattia dei vip

«Ho condiviso sui social alcune curve di questo percorso di malattia ed è successo qualcosa che mai mi sarei aspettato», prosegue Baricco, «è pieno di gente che mi vuole bene e io di questa cosa non ne ero a conoscenza. È stata un’emozione forte, anche perché lo so che in passato sono stato mal sopportato, per la mia presunzione, arroganza e per il mio successo». E però, «vorrei essere chiaro: la mia malattia se la prende uno su 100mila, e la malattia grave è un’anomalia, non voglio che venga vissuta come un’esperienza comune per gli esseri umani. State tranquilli». Lo scrittore ragiona sull’interesse morboso dei media per le malattie delle celebrità, Baricco si vuole sottrarre a quella giostra. «Era una scelta pratica, volevo comunicare velocemente a quante più persone possibili che stavo male, non alimentare la paura», ragiona, «lo ribadisco, non vorrei aver alimentato l’ossessione per le malattie dei vip – mi iscrivo in questa categoria – il mio intento era diverso».


La paura e il coraggio

Lo scrittore torna sul concetto della paura. «La paura è un lusso che noi ci permettiamo, commettendo un errore, la vendiamo molto, i media la vendono molto, perché è una merce che piace, la diffondiamo molto, la cerchiamo, ma è uno degli errori che stiamo commettendo», ragiona con Fazio, «di solito si fa questa cosa un po’ machista di confrontarla con il coraggio, per dire: “Siamo una civiltà che ha tanta paura ma non ha il coraggio”. Una cosa che ho capito è che la paura, alla fine, ha a che fare con il desiderio. Tu cominci a smettere di desiderare e inizi ad aver paura». Baricco fa l’esempio di Romeo e Giulietta: «Romeo che scala l’edera in un posto dove se lo beccano gli fanno un cu*o che non finisce più, le famiglie che si odiano, lo fa perché è coraggioso? No. Il momento in cui dovrebbe essere davvero coraggioso nella tragedia non lo è. Quando muore la donna che lui ama lui si ammazza, mentre il coraggioso vive. Per cui non è un uomo coraggioso, è un uomo che desidera da morire. Tu fai queste cose pazzesche quando hai qualcosa che desideri ed è più forte di te, è l’esperienza quotidiana della gente. È la voglia che sconfigge la paura». La ragione del «moltiplicarsi della paura» nella nostra società avviene per il «decadere dei desideri». È una civiltà che «è diventata incapace di desiderare cose diverse dalla settimana bianca o la macchina con il riscaldamento al volante. Siamo avvoltolati da desideri futili, non da quelli in grado di far fuori la paura».

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