Israele, migliaia di manifestanti in piazza per chiedere il rilascio degli ostaggi e la cacciata di Netanyahu – Il video

In attesa dell’esito delle trattative sulla tregua continuano i raid Idf sulla Striscia di Gaza: preoccupazione per i civili schiacciati a Rafah

Migliaia di manifestanti sono tornati a invadere le strade delle principali città d’Israele questa sera, nel 120esimo giorno di guerra e di prigionia per gli oltre 100 ostaggi ancora nelle mani di Hamas dopo l’attacco del 7 ottobre. Da Tel Aviv a Gerusalemme, da Haifa a Cesarea e Be’er Sheva, i cittadini hanno urlato slogan per chiedere il rilascio immediato di tutti gli ostaggi detenuti a Gaza e in molti casi anche la cacciata del primo ministro Benjamin Netanyahu. Un convoglio di auto guidate da familiari di ostaggi e attivisti ha bloccato l’autostrada 1 nella zona di Tel Aviv. Sul posto, è stato scritto un messaggio con le fiamme: «AIUTO». I manifestati sono poi scesi dalle auto e hanno iniziato a sventolare diversi cartelli. Su alcuni si leggeva: «La vita del governo – non a spese del vite degli ostaggi». In altri: «Affrontare tutti i costi politici». E ancora: «Gantz: ostaggi o vattene», in riferimento a Benny Gantz, ex capo di stato maggiore che fa parte del gabinetto di guerra, oltre a essere leader del partito centrista ‘Unione Nazionale’.


La rabbia dei manifestanti

Alcuni dei presenti hanno dichiarato che «non c’è vittoria senza la restituzione degli ostaggi, e non c’è rinascita per un Paese che ha abbandonato 136 dei suoi cittadini prigionieri del nemico per 120 giorni. Invitiamo oggi Gantz e Eisenkot: è il nostro momento. La prigionia delle persone care è finita. Manda a Netanyahu un messaggio chiaro: un accordo che includa tutti, o ritirati dal governo». Yosef Angel, nonno del diciassettenne Ofir Angel, liberato dalla prigionia a Gaza, ha dichiarato che Netanyahu è «responsabile dell’olocausto del 7 ottobre». «Stai cercando di sfuggire alle responsabilità – ha aggiunto, rivolgendosi indirettamente al premier israeliano -, e cerchi qualcun altro da incolpare, vergogna per te. Vai e lascia che quelli più responsabili di te ci guidino, il popolo di Israele merita molto di più. Ogni giorno aumenta il pericolo per l’incolumità degli ostaggi. Devono essere restituiti adesso».


Un momento cruciale

«Lo Stato di Israele si trova di fronte alle decisioni più importanti della sua storia, forse dopo la Guerra d’Indipendenza, e per ricostruire ciò che è stato distrutto dobbiamo prendere delle decisioni. Questo governo non è riuscito a decidere sulla restituzione degli ostaggi, non è riuscito ad avere una visione politica per la fine della guerra, non è riuscito a decidere sul ritorno di 200.000 rifugiati nelle loro case, non è riuscito a rafforzare le alleanze con i partner, non è riuscito a responsabilizzare i suoi cittadini, non è riuscito a unire le persone, e non è riuscito a condurci verso il futuro che meritiamo», ha dichiarato il Maggiore Generale (in pensione) Nimrod Shafer, tra i presenti alle manifestazioni. Anche secondo l’ex portavoce dell’IDF Avi Benayahu la questione degli ostaggi è l’ennesima dimostrazione del fallimento del governo in carica.

La situazione nella Striscia

In attesa del possibile sblocco della trattativa indiretta Israele-Hamas per una tregua, non si fermano I combattimenti, La scorsa notta le forze israeliane hanno colpito nuovamente aree densamente popolate, soprattutto nel sud della Striscia, causando almeno 25 vittime. Le operazioni restano concentrate soprattutto nell’area di Khan Younis, ma presto potrebbero spostarsi verso la città all’estremo sud della Striscia, Rafah, dove le ong stimano sia ormai stipata la stragrande maggioranza della popolazione di Gaza: 1,9 milioni di persone, in una città in cui ne abitavano normalmente circa 250mila. «Rafah è ora una pentola a pressione di disperazione, abbiamo paura per ciò che potrebbe succedere dopo», ha detto al Guardian un portavoce dell’Ufficio Onu per gli Affari Umanitari.

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