Var «a chiamata», salary cap e meno squadre: cosa c’è nel piano della Serie A per cambiare il calcio italiano

Una delle principali novità, sostenuta da Inter, Juve e Milan, prevede la riduzione dei club da 20 a 18

Venticinque pagine, dodici articoli, quarantacinque voci complessive. Si struttura così il documento attraverso cui la Serie A punta a riformare il calcio italiano. Un dossier che approderà formalmente lunedì 12 febbraio sul tavolo dei venti club e martedì 13 su quello della Federcalcio. Nel piano di riforma della Serie A, anticipato oggi da Repubblica, c’è un po’ di tutto: nuove norme per la sostenibilità economica delle squadre, richieste politiche al governo, novità sul Var e anche uno spostamento di poteri e competenze dalla Federcalcio alla Lega Serie A. Una delle novità principali proposte dai club è la riduzione del campionato da 20 a 18 squadre. Un’ipotesi a cui guardano con favore soprattutto Inter, Milan e Juventus che ieri hanno incontrato il presidente Gabriele Gravina per comunicare il proprio parere favorevole.


Salary cap

Sul fronte della sostenibilità economica, la Lega Serie A propone di istituire un salary cap, ossia un tetto alle spese che impedisca di offrire stipendi eccessivi ai giocatori. Il modello di riferimento è quello spagnolo, dove per calcolare il tetto massimo si prende in considerazione il fatturato del club. Si tratterebbe di una piccola rivoluzione per il campionato italiano, su cui pesano 4,6 miliardi di euro di debiti complessivi. La bozza della riforma, che sarà presentata nei prossimi giorni, prevede poi il blocco dei tesseramenti, e quindi del mercato, per i club che non rispettano le nuove regole. Le squadre che retrocedono in B potranno applicare inoltre una riduzione automatica del 30% degli stipendi ai giocatori.


Decreto Crescita e calciatori stranieri

La riforma appoggiata dai club di Serie A propone di allargare il numero di calciatori stranieri extra Ue, superando quello che ad oggi è «il sistema con le norme più stringenti» in Europa. L’obiettivo è attirare in Italia i top player che militano in altri campionati europei. E per farlo, le squadre tornano a fare un appello al governo affinché ripristini il decreto Crescita, con la detrazione fiscale per i calciatori stranieri. Il provvedimento è scaduto a fine 2023 e non è stato rinnovato dall’esecutivo di Giorgia Meloni, nonostante le proteste dei club. Ripristinarlo costerebbe alle casse dello Stato circa 60 milioni all’anno.

Var e arbitri

Sul fronte arbitrale, i club di Serie A chiedono la creazione di un sistema di professionisti indipendenti dalla Figc. A questo si aggiunge poi la richiesta di prevedere la possibilità di utilizzo del Var «a chiamata» per una o due volte a partita per ogni squadra. Una novità sulla falsa riga di ciò che accade già oggi nel basket, magari con la possibilità di trasmettere in diretta i dialoghi tra arbitro e sala Var.

Coppa Italia, Nazionale e stadi

C’è poi un altro tema da affrontare: gli impegni delle Nazionali. La Lega Serie A propone di accorpare le sessioni di ottobre e novembre e rivedere il sistema di qualificazioni a Mondiali ed Europei. Proposte che dovranno essere sottoposte a Uefa e Fifa. Sulla Coppa Italia, invece, le squadre chiedono di trovare un modo per far sì che alcune partite valgano sia per la Coppa che per il campionato, così da ridurre il numero di partite stagionali. Infine, ci sono altre due richieste avanzate dai club al governo. La prima ha a che fare con la raccolta delle scommesse, con le squadre che chiedono di poter ottenere una percentuale da distribuire tra i campionati e da usare per realizzare nuove infrastrutture e iniziative per i giovani. La seconda richiesta, a costo zero per lo Stato, è di inserire il riconoscimento facciale per la sicurezza negli stadi.

Foto di copertina: ANSA/Roberto Bregani | Un contrasto tra Nicolò Barella e Adrien Rabiot durante Inter-Juventus, a San Siro (Milano, 4 febbraio 2024)

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