Jordan Tinti: sul suicidio in carcere del trapper aperta un’inchiesta e disposta l’autopsia

Secondo il legale della famiglia ci sarebbero «fondati dubbi che si sia trattato di un atto volontario»

Sarà disposta l’autopsia nelle indagini aperte dalla procura di Pavia sulla morte di Jordan Tinti, il trapper noto come Jordan Jeffrey Baby, il cui corpo è stato trovato impiccato ieri mattina in una cella del carcere pavese. Domani l’avvocato Federico Edoardo Pisani, legale del trapper, che ora segue la famiglia del giovane, incontrerà il pm che segue il caso, Alberto Palermo. Il padre di Jordan Tinti chiede chiarezza e giustizia. Secondo il legale ci sarebbero «fondati dubbi che si sia trattato di un atto volontario». E se si tratta di suicidio bisogna «chiedersi perché Jordan era ancora in carcere a Pavia, dopo che aveva denunciato di aver subito là maltrattamenti e abusi sessuali» da parte di altri detenuti. Con Jordan Jeffery Baby per i maltrattamenti, chiarisce il legale, è imputato anche Gianmarco Fagà, altro trapper noto come Traffik e come Jordan condannato in primo grado a Monza per rapina aggravata dall’odio razziale (accusa poi riqualificata in violenza privata in appello). Fagà, nel primo periodo di detenzione, era in carcere con Jordan, per quei presunti maltrattamenti sarà processato a partire da venerdì prossimo a Pavia. «Il padre di Jordan sarà parte civile nel processo», ha spiegato l’avvocato. Il trapper aveva denunciato di esser stato vittima di violenza sessuale da parte di un detenuto. Il legale, in merito alla denuncia, ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione della procura. A novembre al 26enne era stato dato l’affidamento terapeutico in una comunità ma il 2 marzo, però, il provvedimento provvisorio di affidamento è stato sospeso, perché «nella sua stanza hanno trovato un cellulare e sigarette».


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