Case green, un milione di edifici da ristrutturare entro il 2030. Servono nuovi Superbonus edilizi?

Per centrare i nuovi target Ue il governo dovrà rimettere mano ai bonus edilizi. Il ministero dell’Ambiente a Open: «Un piano di azione entro fine giugno»

Dopo mesi di discussioni e scontri politici, la direttiva europea sulle «case green» (approvata e a un passo dall’adozione) sta per entrare nella sua fase più critica: l’attuazione. I Paesi Ue sono chiamati a ridurre i consumi energetici degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2020. Per raggiungere questo obiettivo l’Italia è chiamata a varare un piano straordinario per l’efficientamento energetico del suo parco immobiliare, uno dei più vecchi e inquinanti di tutta l’Unione europea. Un percorso che dovrà passare senz’altro da un nuovo piano di incentivi da parte del governo, di cui finora però non si hanno informazioni. Ad agosto 2023, ha rivelato la viceministra all’Ambiente Vannia Gava rispondendo a un’interrogazione alla Camera, l’esecutivo ha avviato un tavolo di lavoro «con l’obiettivo di elaborare proposte concrete e condivise per il raggiungimento degli sfidanti obiettivi di efficienza energetica». Un piano vero e proprio ancora non c’è, così come non è chiaro quante risorse il governo abbia intenzione di stanziare per raggiungere gli obiettivi. «Il tavolo sta continuando a lavorare per definire, indicativamente entro giugno, le azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica, in modo da garantire una transizione energetica equilibrata», spiegano a Open fonti del ministero dell’Ambiente. Un percorso che si inserisce nel più ampio dibattito sui bonus edilizi, e in particolare sull’eredità del Superbonus, che sta complicando il lavoro del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, alle prese con la stesura del Documento di economia e finanza (Def), approvato in questi giorni dal Consiglio dei ministri.


Pregi e difetti del Superbonus

La versione finale della direttiva europea lascia agli Stati membri la facoltà di decidere come intendono raggiungere gli obiettivi di efficientamento energetico degli edifici fissati a livello comunitario. L’Italia parte con un piccolo vantaggio, frutto degli anni del Superbonus, introdotto nel 2020 per rimettere in piedi il settore dell’edilizia. La versione originale dell’incentivo prevedeva un rimborso del 110% delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione degli edifici. Nel 2023 il rimborso è sceso al 90%, nel 2024 è passato poi al 70%. L’ultimo report di Enea, l’ente pubblico che si occupa di energia e sviluppo sostenibile, ha calcolato che sono stati 480mila gli edifici ristrutturati grazie al Superbonus, con un risparmio energetico del 5%. «L’obiettivo del Superbonus era risollevare il comparto edilizio dalla crisi e in questo è stato un successo», osserva Francesca Andreolli, ricercatrice del think tank Ecco specializzata in efficienza energetica. Eppure, precisa l’esperta, «per quanto riguarda l’effettivo efficientamento degli edifici e la riduzione delle emissioni, i risultati sono stati decisamente più modesti». C’è poi da tenere in considerazione le conseguenze del Superbonus sui conti pubblici, con un costo complessivo a carico dello Stato che al 31 marzo 2024 ha superato i 122 miliardi di euro. Da qui, dunque, la decisione prima del governo Draghi e poi del governo Meloni di mettere un freno alla misura attraverso regole sempre più severe sulla cessione del credito e l’applicazione dello sconto in fattura.


Un edificio in ristrutturazione con il Superbonus a Roma (ANSA/Massimo Percossi)

Obiettivo: un milione di ristrutturazioni entro il 2030

A fine 2022, lo stock edilizio italiano contava circa 12,5 milioni di edifici residenziali, per un totale di 32,3 milioni di abitazioni. Il 72% di questi edifici è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica del 1976, il che significa che non esiste una mappatura precisa e aggiornata della situazione in cui versa il patrimonio edilizio. Le stime più accreditate sono quelle di Enea, secondo cui tre abitazioni su quattro (il 74%) appartengono alle classi energetiche meno efficienti (E, F, G). «Tramite Enea stiamo procedendo alla creazione di un database unificato per la conoscenza puntuale degli edifici, dei loro consumi e della classe energetica», rivelano a Open fonti del Mase. A partire dal 2020, il Superbonus ha dato una spinta importante al processo di riqualificazione degli edifici, a un ritmo che, se mantenuto anche nei prossimi anni, permetterebbe all’Italia di raggiungere senza troppi problemi gli obiettivi della direttiva «case green». A confermarlo sono le stime del Centro studi Ance, realizzate a partire dai dati di Enea, secondo cui occorre arrivare a 1,47 milioni di edifici ristrutturati per raggiungere un risparmio energetico del 16% entro il 2030. Se si considera che 460mila sono già stati riqualificati tra il 2020 e il 2023 grazie al Superbonus, significa che mancano ancora un milione di immobili da ristrutturare entro la fine del decennio.

ANCE | Le stime di Ance sugli immobili da ristrutturare per centrare gli obiettivi della nuova direttiva europea

Il labirinto dei bonus edilizi

Lo strumento principale attraverso cui il governo cercherà di dare un nuovo stimolo alle riqualificazioni degli edifici è una revisione generale dei bonus edilizi. Ad oggi se ne contano quasi una decina: Sismabonus, Bonus barriere architettoniche, Ecobonus, Bonus ristrutturazione, Bonus mobili, Bonus verde e Superbonus. «Non tutti questi strumenti sono indirizzati all’efficientamento energetico. Serve uno schema di incentivazione che sia adeguato al raggiungimento degli obiettivi della direttiva europea. Per di più, Ecobonus e Superbonus andranno a decadere alla fine del 2024», fa notare Francesca Andreolli. A chiedere un cambio di passo è anche Alessandra Egidi, segretaria generale di Confedilizia, che rivolge un appello al governo per intervenire su tutto il catalogo dei bonus edilizi: «Chiediamo di fare un piano a seconda delle risorse disponibili. Si può ridurre il numero di questi bonus, ma ci deve essere un piano per proiettarli nel tempo e renderli strutturali, senza dimenticare che oltre all’efficientamento energetico c’è da investire sugli adeguamenti sismici», precisa Egidi.

La grande incognita delle risorse

«Sicuramente bisogna rivedere le percentuali. Il 90% del bonus facciate e il 110% del Superbonus non sono più percorribili», aggiunge Silvia Ricci, vicepresidente dell’Ance con delega alla transizione ecologica. L’associazione dei costruttori chiede al governo di mettere a punto un «piano industriale», ma soprattutto di far sapere a tutti i soggetti coinvolti quante risorse economiche si intendono mettere a disposizione. «Abbiamo chiesto più volte quanto si vuole investire. Il problema del Superbonus, in fin dei conti, era proprio la mancanza di un plafond. Senza sapere quanti fondi ha intenzione di stanziare il governo per la riqualificazione degli edifici, noi non siamo in grado di fare proposte», osserva Ricci. Su questo punto, però, dal ministero dell’Ambiente non ci sono ancora risposte certe. «È prematuro. Ci stiamo lavorando di concerto con il Mef», assicurano dal Mase.

Cessione del credito: sì o no?

Una delle principali questioni da affrontare nella revisione dei bonus edilizi sarà la cessione del credito di imposta. Questo sistema ha sicuramente allargato la platea dei potenziali beneficiari dei bonus, fino a comprendere anche chi non aveva la disponibilità economica di anticipare i soldi necessari per la ristrutturazione e attendere poi il rimborso da parte dello Stato. Allo stesso tempo, ha spalancato le porte a truffe e problemi di liquidità per alcune imprese. «La cessione del credito è stata eliminata ma forse è bene mantenerla per chi ha un reddito sotto una certa soglia. Altrimenti questi bonus diventano regressivi», avverte Francesca Andreolli. Secondo i dati dell’Ance, tra il 2010 e il 2020 (quando non c’era la cessione del credito) il 10% più ricco della popolazione italiana ha usufruito del 50% dei bonus edilizi. «Prendiamo spunto dagli errori del passato», propone Alessandra Egidi. «Se si vuole affiancare agli incentivi misure come la cessione del credito e lo sconto in fattura, secondo noi non possono essere destinate solo agli inquilini poco abbienti», precisa la segretaria generale di Confedilizia. Più cauta la posizione dell’Ance, con la vicepresidente Silvia Ricci che descrive la cessione del credito come «il grande motore degli interventi di ristrutturazione», ma chiede di fare chiarezza sui fondi «per capire se e come mantenerla».

Una protesta degli esodati del Superbonus fuori dal ministero dell’Economia a Roma, 12 luglio 2023 (ANSA/Claudio Peri)

Il nodo dei fondi europei (e il pressing di Confedilizia)

E sempre sul fronte economico, c’è da fare i conti con un’altra questione: dove si possono prendere i soldi necessari a tutti gli interventi di riqualificazione necessari? Uno degli aspetti più criticati della direttiva europea sulle «case green» è proprio la mancanza di un fondo europeo ad hoc per sostenere i governi. Secondo i sostenitori del provvedimento, c’è già un ampio ventaglio di soluzioni a disposizione dei singoli Stati membri: il Pnrr, i Fondi di coesione, il Fondo sociale per il clima e non solo. «Tutti questi strumenti sono sufficienti se vengono utilizzati come si deve. Quello che manca oggi in Italia è una programmazione seria e di lungo termine», osserva Francesca Andreolli. È di diverso avviso Silvia Ricci, che auspica l’istituzione «di un fondo ad hoc per non incappare in esperienze pregresse». Confedilizia si spinge addirittura oltre e chiede al governo di insistere affinché il testo finale della direttiva (già approvata) sia modificato. «Non dobbiamo accontentarci di quanto ottenuto finora. Abbiamo chiesto ai partiti di governo di insistere affinché la direttiva sia migliorata ulteriormente», spiega la segretaria generale Alessandra Egidi.

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