Il Parlamento Ue vota sul Patto immigrazione e asilo. Cosa prevede e perché l’approvazione non è più scontata

Dai banchi del Parlamento Ue non si parla più di «momento storico», ma solo di responsabilità per raggiungere «un compromesso» o di una «necessaria strategia negoziale»

Da Bruxelles – Il Patto sull’immigrazione e l’asilo approda alla mini-Plenaria di Bruxelles. Il voto dell’Aula non è, però, così scontato. E nonostante dai corridoi del Parlamento dell’Eurocamera comincia ad affiorare la certezza che il Patto alla fine passerà, le spaccature nei gruppi della «maggioranza Ursula» (Ppe, Socialisti e Renew Europe) rendono meno blindata l’approvazione. Il 20 dicembre scorso le tre istituzioni dell’Ue, avevano trovato «l’accordo politico» sulle cinque tessere legislative che costituiscono il cuore della nuova riforma, una delle più difficili ma anche la più attesa da questa legislatura. Il nuovo Patto dovrà regolare la gestione interna dei flussi, i controlli alle frontiere, il meccanismo di solidarietà tra gli Stati membri, il regolamento Eurodac (sulla banca dati Ue delle impronte digitali) e quello sulla procedura d’asilo. Ciascuno di questi testi appaga una parte dell’emiciclo, ma scontenta l’altra. Dai banchi del Parlamento europeo non si parla più di «momento storico», ma solo di responsabilità per raggiungere «un compromesso» o di una «necessaria strategia negoziale». E, oggi, 10 aprile, «la storia ha gli occhi puntati su di noi, così come ce l’hanno gli elettori. È arrivato il momento di essere responsabili», sottolinea Ylva Johansson, Commissaria europea per gli Affari interni, rivolgendosi ai parlamentari. Devono passare tutti i dossier, altrimenti il Patto non verrà approvato. «Sapete quanto mi piace il calcio. Ecco: siamo in finale – continua Johansson – , è in gioco il tutto per tutto. Non stiamo a guardare, siamo nel mezzo dell’azione ed è arrivato il momento di unirsi come squadra e segnare per l’Europa». Ma il compromesso porrebbe sfuggire di mano, imprimendo indirettamente un nuovo (durissimo) colpo alla candidatura di von der Leyen.


Cosa prevede il nuovo Patto? 

Si tratta di un insieme di norme che riformano le politiche migratorie del vecchio Continente. Cinque i pilastri che reggono l’impianto normativo: rimane la regola (attualmente in vigore) secondo cui il Paese di primo ingresso di un richiedente asilo è responsabile del suo caso. Ciò significa che l’anima del regolamento di Dublino, da più parti contestato, non verrà modificata. Per aiutare i Paesi che affacciano sul Mediterraneo, tra cui Italia, Spagna e Grecia, è previsto però un meccanismo di «solidarietà obbligatorio» in caso di forte pressione migratoria. Gli altri Stati membri dell’Unione potranno infatti scegliere se ricollocare le persone nel proprio territorio, erogare contributi finanziari – proporzionali alla dimensione della popolazione e al pil nazionale -, oppure decidere di fornire supporto operativo.


Le procedure accelerate alle frontiere e la «situazione di crisi»

Il Patto prevede inoltre una sorta di meccanismo di «filtraggio« dei richiedenti asilo e una «procedura accelerata alla frontiera» per tutte le persone che hanno basse probabilità di ottenere l’asilo. Ciò consentirebbe agli Stati membri di trattenere i migranti in appositi centri, in modo da essere trasferiti rapidamente nei Paesi d’origine o di transito. Un sistema che potrebbe funzionare con una bassa pressione migratoria, ma che salterebbe in caso di afflusso massiccio. Nella pratica, questa procedura si applicherà ai cittadini di Paesi in cui il tasso di riconoscimento dello status di rifugiato nell’Unione europea è inferiore al 20 per cento. Una soglia che, nella circostanza di un paese in stato di “crisi” migratoria, verrà alzata addirittura al 50%, mentre nel caso di “strumentalizzazioni” dei migranti (che si verificano quando un Paese terzo strumentalizza i flussi migratori danneggiando un membro Ue con cui confina) potrà essere applicata a tutti i migranti al confine. Procedure, queste, che – secondo le Ong e i giuristi – ledono di fatto il diritto d’asilo. Su richiesta del consiglio degli Stati membri la procedura sarà applicata anche alle famiglie con bambini di età inferiore ai dodici anni. Per quanto riguarda invece le situazioni di «crisi», lo Stato membro coinvolto dovrà presentare una richiesta motivata alla Commissione, che la esaminerà entro due settimane. Un volta approvata l’istanza, il Paese richiedente avrà campo libero sulle procedure di frontiera e sui tempi per la registrazione delle domande di asilo. 

Eurodac e procedure di screening

Due sono, invece, i dispostivi tecnici che compongono il nuovo Patto: l’Eurodac, un database comunitario che permetterà di accertare in modo più efficace chi arriva sul territorio dell’Ue. Le procedure di identificazione – impronte, rilevazione di dati biometrici e foto del viso – saranno applicate anche ai bambini di età superiore ai sei anni. Ma non solo, per effettuare queste procedure le autorità potranno detenere i richiedenti asilo in attesa di screening, che potrà essere effettuato ovunque (sia alle frontiere che all’interno del territorio).

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