Europee, Santoro contro Gualtieri per l’«ostruzionismo» alla raccolta firme: «Mi sono pentito di averlo votato» – L’intervista

Il fondatore della lista Pace terra dignità ha diffidato il Comune e il sindaco di Roma: «Hanno 24 ore di tempo per permettere la raccolta delle firme negli uffici comunali, oppure si assumeranno la responsabilità di questo comportamento assurdo»

Se un partito, alle ultime elezioni parlamentari, ha ottenuto almeno un seggio con il proprio simbolo in una delle due Camere, si considera «esonerato» dalla raccolta firme per le Europee. Tutti gli altri soggetti politici che intendono portare dei propri candidati a Strasburgo, invece, devono affannarsi con banchetti, gazebo e porta a porta: servono 75 mila sottoscrizioni. Michele Santoro è a buon punto, la sua lista Pace terra dignità ne ha ottenute 40 mila. «Siamo moderatamente ottimisti sull’esito della raccolta. Sta andando bene», racconta a Open.


Poco prima dell’intervista, il giornalista ha presentato una diffida nei confronti del Comune di Roma e del sindaco Roberto Gualtieri. «Hanno 24 ore per sbloccare la situazione e rendere possibile la sottoscrizione negli uffici capitolini, altrimenti si assumeranno le responsabilità» dell’«ostruzionismo» che Santoro fa risalire al ritardo del ministero dell’Interno nel condividere le istruzioni per la presentazione e l’ammissione delle candidature. «Matteo Piantedosi, in questo modo, ha autorizzato di fatto i Comuni più ostili» a sabotare la raccolta firme della sua lista e delle altre che non godono dell’esonero.


Santoro, ce la farete a raggiungere l’obiettivo delle 75 mila firme?

«Siamo moderatamente ottimisti, sì, sta andando bene, nonostante la raccolta sia un’operazione non facile. È difficile non solo per noi, ma per chiunque, tant’è vero che i grandi partiti non la fanno. Questa regola crea una disparità, visto che basta avere un solo deputato per non dover presentare le sottoscrizioni. A ciò si aggiunge un altro ostacolo per la partecipazione di tutte le realtà alla vita democratica: la soglia di sbarramento del 4%. È altissima, in più chi si presenta per la prima volta deve presentare le liste con 30 giorni di anticipo rispetto agli altri, deve fare lo sforzo della raccolta firme, con banchetti, porta a porta e altre attività che sottraggono tempo alla campagna elettorale. Nel nostro caso, infine, stiamo subendo anche l’ostruzionismo dei Comuni, forse perché ci temono».

Che considerazione ha delle regole per presentare le candidature alle elezioni europee?

«Ci rendiamo conto che stiamo parlando di una legge concepita in anni in cui la partecipazione al voto era molto più alta? Adesso abbiamo la metà della popolazione che non va alle urne. Ci resta l’altra metà per raccogliere le firme. Ma poi, dico io, il 2000 è stato superato da parecchio tempo e ancora in Italia ci sono resistenze per l’utilizzo della firma digitale. Il governo Meloni ha preso la questione della firma digitale, l’ha chiusa in una cassaforte e l’ha lasciata lì a marcire. Si poteva benissimo fare una legge per adoperarla in questa circostanza delle Europee».

Una resistenza al cambiamento?

«Io la chiamo “l’esaltazione dell’esistente”. I grandi partiti non vogliono consentire il cambiamento ed è un problema anche più grande della mia lista o di una singola elezione. Così facendo, continuano a scoraggiare la partecipazione politica dei cittadini da tutti i punti di vista: sia come elettorato attivo, sia passivo. Questo atteggiamento di chiusura al nuovo, sulle Europee è ancora più grave, visto che a differenza delle Politiche in questa elezione i cittadini possono esprimere le preferenze. Forse è proprio questo il motivo per cui vorrebbero che qualcuno non si candidasse».

Lei ha provato a sentire direttamente Gualteri per sbloccare la situazione negli uffici comunali di Roma?

«Scherza? Ho fatto 50mila tentativi per smuovere questa situazione. Ho parlato con tutti, staff, collaboratori, dipendenti degli uffici. Anche con tale Andrea Catarci, che è un assessore del Comune e per giunta di sinistra. Niente da fare. Abbiamo una legge che dice che si può firmare la sottoscrizione delle liste nei Comuni italiani. Loro ritengono che possono, ma che non sono obbligati a farlo. E pensare che io ho votato Gualtieri alle Comunali. Mi ero già pentito per una serie di questioni che riguardano la città di Roma. Ma dopo questi comportamenti che considero antidemocratici, sono indignato. Mi auguro che Gualteri, diciamo così, non sia ben informato su tutta la vicenda e che adesso, dopo la diffida, prenda in mano la situazione per smuoverla. Se non lo farà, se ne assumerà la responsabilità».

Quali responsabilità?

«A parte che un iscritto a un partito che si chiama “Democratico” dovrebbe provare vergogna per l’insensibilità della sua amministrazione al bisogno di partecipazione dei cittadini, io dubito che il Comune non sia obbligato a raccogliere le firme nei suoi uffici. Loro, invece, danno questa interpretazione della legge per cui più che di dovere si tratta di volontà delle singole amministrazioni. E comunque, quando in campo c’è un principio costituzionale come quello del voto, le altre questioni dovrebbero essere messe in secondo piano. Questo è il punto. Pace terra dignità raccoglierà lo stesso le firme a Roma, con o senza Comune. Ma resta assurdo che l’amministrazione si comporti in questa maniera».

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