Guerra santa? Per l’Indonesia anche no. Il Paese islamico più popoloso al mondo si appresta a riconoscere Israele

La mossa a sorpresa del governo di Jakarta per entrare a far parte dell’Ocse: ma potrebbero volerci ancora 2-3 anni

L’Indonesia, il Paese islamico più popoloso al mondo, si appresta a riconoscere ufficialmente Israele. A darne notizia questa mattina è il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, che svela quello che pare essere l’esito di mesi di negoziati dietro le quinte. A spingere l’Indonesia a compiere lo storico passo diplomatico sembra essere stato in particolare il suo desiderio di entrare a far parte dell’Ocse, l’organizzazione intergovernativa che riunisce i Paesi economicamente più avanzanti del pianeta. Jakarta aveva avanzato la sua candidatura all’inizio di quest’anno, ma il dossier si era presto arenato per via dell’opposizione di Israele: l’adesione di un nuovo Stato deve infatti ratificata da tutti i membri dell’organizzazione, e Gerusalemme considerava inaccettabile l’ingresso di un Paese che non ne riconosce l’esistenza e che lo ha attaccato direttamente negli ultimi mesi per via della guerra a Gaza. Il segretario generale dell’Ocse Mathias Cormann aveva sulle prime tentato di trovare un compromesso chiedendo all’Indonesia di impegnarsi a rinunciare ai toni critici verso Israele. Ma il ministro degli Esteri Israel Katz aveva ribadito la richiesta di un passo più coraggioso, in vista di una piena normalizzazione dei rapporti bilaterali. Strada che ora Jakarta sembra essersi convinta ad intraprendere. Lo ha annunciato lo stesso Cormann in una lettera inviata a Katz due settimane fa: «Come discusso con lei e col primo ministro Netanyahu, la precondizione di un avvio di relazioni diplomatiche all’invito all’Indonesia a diventare membro dell’organizzazione verrà inclusa in una clausola delle conclusioni dell’Ocse sui negoziati».


Percorso a ostacoli

Affare fatto dunque, a quanto pare, anche se il processo diplomatico richiederà ancora tempo. L’Indonesia dovrà ora impegnarsi in un percorso tecnico che potrebbe richiedere tra i due e i tre anni prima di entrare ufficialmente a far parte dell’Ocse, implementando una densa roadmap di misure e verifiche. E sarà entro quella scadenza che dovrà essere stato completato anche il riconoscimento e l’avvio di piene relazioni diplomatiche con Israele. Relazioni che in realtà, nei fatti, esistevano già almeno dal 1993, dopo gli accordi di Oslo. Sul piano degli scambi commerciali in primis, ma non solo, se è vero – come ricorda Haaretz – che ben tre primi ministri hanno visitato Jakarta nell’ultimo ventennio: Yitzhak Rabin nel ’93, Shimon Peres nel 2000, Naftali Bennet nel 2013 (quando ricopriva l’incarico di ministro dell’Economia). E da diversi anni in Indonesia possono viaggiare anche gli israeliani comuni, considerato che dal 2018 Jakarta rilascia visti turistici ai cittadini dello Stato ebraico. Nel Paese dove vivono oltre 275 milioni di persone, l’87% dei quali musulmani, la vicinanza alla causa palestinese resta però forte – e anche per questo solo pochi mesi fa il governo s’era affrettato a smentire voci di una possibile normalizzazione dei rapporti, sulla scorta di quanto fatto negli ultimi anni da Emirati Arabi, Bahrein, Marocco e Sudan nell’ambito dei cosiddetti Accordi di Abramo. Parigi – sede dell’Ocse – val bene una messa in regola dei rapporti con lo Stato ebraico.


Foto di copertina: Il presidente dell’Indonesia Joko Widodo a un incontro coi giornalisti al quartiere generale militare di Jakarta – 28 febbraio 2024 (ANSA-EPA/ADI WEDA)

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