La strage alla centrale di Suviana e lo «strano rumore» prima dello scoppio: «Come un motore che gira a vuoto»

Gli operatori avevano capito di essere in pericolo e hanno provato a scappare. Il mistero delle cause, l’errore umano, i subappalti

L’esplosione alla centrale idroelettrica di Bargi sul lago di Suviana è «una cosa mai vista e incomprensibile». E non risultano «segnalazioni di problemi di sicurezza» prima dell’incidente. Mentre sul foglio di cantiere il numero massimo di lavoratori che doveva essere nel cantiere era di 7: la squadra invece era composta da 15 elementi. E uno dei professori che accompagnava i ragazzi delle scuole medie dell’istituto Muratori di Vignola dice che in zona hanno sentito il boato dell’esplosione e visto il fumo nero e l’odore di bruciato. Ma dopo il ritrovamento del corpo di Alessandro D’Andrea i superstiti della strage dicono di aver sentito «uno strano rumore» prima dello scoppio. «Come di un motore che prende a girare a vuoto».


Segnali anomali

Un segnale che si è ripetuto per molti secondi, forse più di un minuto. E che ha convinto la squadra composta da tecnici di Enel Green Power, Siemens, Abb e Voith a scappare. Ma non tutti ci sono riusciti. E chi è rimasto indietro è stato investito dall’esplosione. E mentre al conto dei dispersi manca solo il napoletano Vincenzo Garzillo di Lab Engineering, il comandante dei vigili del fuoco di Bologna Calogero Turturici spiega al Corriere della Sera: «Non c’è stata un’esplosione improvvisa dell’alternatore. Ma è stata preceduta da segnali anomali che hanno convinto gli operatori di trovarsi in una situazione di pericolo e a scappare. Durante questa fase sono stati investiti dall’esplosione». Il comandante dice che lo scenario è iniziato con dei segnali premonitori: «È probabile che tutti abbiano avuto la possibilità di muoversi in un tentativo di evacuazione. Alcuni ci sono riusciti altri, purtroppo, no».


Il piano -9

Questa ricostruzione è riconfermata dal fatto che tre corpi dei dispersi sono stati recuperati al piano -9. Tra questo luogo e quello in cui si trovavano i feriti c’è un percorso, che probabilmente è stato quello del tentativo di fuga. L’amministratore delegato di Enel Green Power Salvatore Bernabei dice che il rappresentante di sicurezza e ambiente della Uil nel dicembre 2022 aveva dichiarato soddisfazione per l’attenzione sulle tematiche. Secondo Bernabei sui subappalti Abb ha usato il suo personale, mentre Siemens e Voith si sono avvalse di altre tre aziende specializzate. In tutto quindi al momento dello scoppio nella centrale di Bargi si trovava personale di sei imprese diverse. Ma sulle cause dice anche che «in questo momento è prematuro fare ipotesi».

15 lavoratori

Il Fatto Quotidiano invece spiega che al massimo dieci persone potevano trovarsi all’interno della centrale nello stesso momento durante l’operazione di collaudo del “Gruppo Due”. Mentre la squadra era composta da 15 lavoratori. E un ex lavoratore della centrale oggi in pensione dice che tutte le centrali hanno sistemi di protezione automatica. Una specie di salvavita. Che in questa situazione evidentemente non hanno funzionato. Fonti interne di Enel confermano la presenza di sistemi di sicurezza per il blocco dell’impianto. Ovvero proprio lo stop al movimento del gruppo turbina-alternatore. In più l’impianto di Suviana dovrebbe avere controlli da remoto di videosorveglianza. Oltre a sistemi di telemetria sulle infrastrutture idrauliche e sui sistemi elettrici. Dove sono questi filmati?

Il mistero delle cause

Giuseppe Del Giudice, docente di costruzioni idrauliche all’università di Napoli, dice oggi a Repubblica che le cause dell’incidente sono un mistero anche per gli esperti. «A memoria mia e dei colleghi non era mai successo un evento del genere», spiega. Il professore spiega: «Il pozzo della centrale contiene due elementi: turbina e alternatore. La turbina ruota quando viene investita dall’acqua. Un asse la collega all’alternatore, che trasforma l’energia della rotazione in elettricità. La turbina, costantemente investita da un getto d’acqua, resta fredda. L’alternatore non ha questa fortuna. Gli attriti della rotazione creano calore. C’è bisogno di un circuito di raffreddamento fatto di tubi e olii. Se dovessi pensare a un punto critico indicherei l’alternatore».

L’errore umano

Secondo Del Giudice la tesi dell’errore umano pare a prima vista improbabile: «Il personale poco addestrato non si avvicina neanche a una turbina. Su questi impianti possono mettere le mani solo tecnici altamente specializzati, che sono pochi e ben conosciuti. Nella manutenzione di un impianto idroelettrico non c’è spazio per l’improvvisazione». Ma soprattutto «nelle centrali di questo tipo non si usa combustibile. Né ci sono possibili inneschi di esplosioni. L’unica cosa che mi viene in mente di infiammabile è l’olio che raffredda l’alternatore». Marco Guidotto, che insegna inglese all’istituto Muratori di Vignola, spiega: «Non eravamo dentro alla centrale, questo no. Ma di fronte, sull’altra sponda, in un punto distante e totalmente al sicuro. Durante la mattina avevamo costeggiato il lago con degli esperti, che avevano spiegato ai ragazzi come funziona una centrale elettrica. Ma lo ripeto: eravamo lontani nel momento dell’esplosione».

I subappalti

Gli studenti delle medie erano seduti su un prato, dopo il pranzo al sacco. «Abbiano sentito il boato dell’esplosione, poi si è alzato un fumo nero. E quell’odore: odore di bruciato. Abbiamo deciso di salire immediatamente sul pullman per non respirare quell’aria». Intanto La Stampa fa il conto delle società al lavoro tra appalti e subappalti. I primi erano appannaggio di quattro società: Siemens, Abb, Voith Hydro e Lab Engineering. La Siemens aveva subappaltato ad altre due aziende: la Engineering automations con sede a Mele in provincia di Genova e la Impel System di Noventa Padovana. Il passaggio di consegne è avvenuto rispettando le regole? O qualcosa non ha funzionato?

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