La direttiva case green è legge, via libera dall’Ecofin. L’Italia vota contro, Giorgetti e l’incubo Superbonus: «Il tema è chi paga»

Gli Stati avranno due anni di tempo per recepire le nuove regole. Ecco cosa prevede il testo finale e quanti sono gli edifici da ristrutturare

La direttiva europea sulle performance energetiche degli edifici (Epbd), meglio conosciuta come «direttiva case green», è stata adottata. Il via libera definitivo al provvedimento è arrivato oggi all’Ecofin, il vertice dei ministri dell’Economia e delle Finanze che si è tenuto a Lussemburgo. Gli unici due voti contrari sono stati quelli dell’Italia e dell’Ungheria, mentre Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovacchia e Svezia si sono astenute. «È una direttiva bellissima, ambiziosa, ma alla fine chi paga?», commenta il ministro Giancarlo Giorgetti. «Abbiamo esperienze in Italia – precisa il titolare del Mef – in cui pochi fortunelli hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani e diciamo che è un’esperienza che potrebbe insegnare qualcosa». Ora la direttiva sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea e dopo 20 giorni entrerà in vigore. Da quel momento, i 27 Paesi membri avranno due anni di tempo per recepirla. La versione finale del provvedimento prevede che siano i singoli governi a presentare un piano dettagliato della propria strategia per la riduzione dei consumi e il raggiungimento dei target fissati dalla direttiva.


Cosa prevede la direttiva

A oggi gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni di gas serra e del 40% dei consumi energetici di tutta l’Unione europea. La nuova direttiva Ue fissa l’obiettivo per il settore edilizio di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, in linea con la strada tracciata dal Green Deal, il pacchetto europeo di misure a favore dell’ambiente e del clima. Per gli edifici residenziali, i Paesi membri sono chiamati a ridurre i consumi energetici del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Dal 2030, inoltre, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero. Per gli immobili di proprietà pubblica, oppure occupati da enti pubblici, l’obbligo scatta già dal 2028. A questo si aggiunge la questione dell’eliminazione graduale delle caldaie alimentate a combustibili fossili, che scatterà nel 2040. Già dal prossimo anno sarà vietata invece l’erogazione di incentivi per l’acquisto di caldaie inquinanti. I bonus messi a punto dai governi potranno essere destinati solo all’acquisto di sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile.


L’obbligo di pannelli solari

La direttiva Ue prevede anche l’installazione di pannelli solari su tutti i nuovi edifici pubblici e non residenziali. L’obbligo sarà progressivo, dal 2026 al 2030, a seconda delle dimensioni dell’immobile. Per i nuovi edifici pubblici e non residenziali con una superficie coperta utile superiore a 250 metri quadrati la scadenza è fissata al 31 dicembre 2026. In ogni caso, il testo finale del provvedimento specifica che l’installazione progressiva degli impianti fotovoltaici sarà obbligatoria solo laddove «tecnicamente ed economicamente fattibile». 

Quanti sono gli edifici da ristrutturare

In base alla nuova direttiva, gli Stati membri sono chiamati a ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni energetiche entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Sono esclusi gli edifici agricoli, gli edifici storici, gli edifici temporanei, i luoghi di culto e altri edifici dal particolare valore storico o architettonico. Stando ai dati di Enea, lo stock edilizio italiano conta circa 12,5 milioni di edifici residenziali, di cui il 72% è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica del 1976. Non esiste ancora una stima ufficiale del numero esatto di edifici che saranno da ristrutturare, ma i dati dell’Ance (l’associazione dei costruttori) stima che potrebbero essere circa un milione da qui al 2030. L’Italia parte infatti con il vantaggio degli anni del Superbonus, che tra il 2020 e il 2023 ha contributo a riqualificare 460mila edifici.

Il nodo dei bonus edilizi

Ora che la direttiva è stata approvata, l’Italia dovrà necessariamente rimettere mano ai bonus edilizi, fondamentali per stimolare gli investimenti e raggiungere gli obiettivi europei. Entro giugno, hanno assicurato a Open fonti del ministero dell’Ambiente, il governo arriverà a definire «le azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di efficienza energetica». L’adozione del provvedimento europeo arriva infatti in concomitanza con l’ennesima stretta sul Superbonus, che al 31 marzo 2024 ha raggiunto un costo complessivo a carico dello Stato di oltre 122 miliardi di euro. Da qui la decisione del governo di mettere un freno alla misura, attraverso una stretta sulla cessione del credito. Una volta definito il piano di azione, l’esecutivo dovrebbe comunicare anche la cifra che intende stanziare per il raggiungimento degli obiettivi della «direttiva case green».

I costi dei lavori e i risparmi in bolletta

In base agli interventi da realizzare, la spesa potrebbe oscillare da un minimo di 20mila a un massimo di 60mila euro a famiglia. Superato il costo iniziale dei lavori di ristrutturazione, la riqualificazione porterà a due principali vantaggi. Il primo: salire di almeno 2 classi energetiche consente di risparmiare circa il 40% in bolletta, ossia circa mille euro all’anno ai costi del 2022. Il secondo vantaggio ha a che fare con il valore stesso della casa. In media, infatti, un immobile ristrutturato vale il 44,3% in più di uno da ristrutturare. «Saranno i cittadini a beneficiare di questa Direttiva. L’efficienza energetica – spiega Francesca Andreolli, ricercatrice del think tank Ecco – può ridurre i costi energetici delle famiglie e contribuire a preservare il valore delle abitazioni».

Foto di copertina: Dreamstime/Inge Hogenbijl

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