Guerra a Gaza, consegnata ad Hamas la controproposta di tregua. I timori di Biden per l’offensiva di Israele a Rafah

Gli Stati Uniti potrebbero valutare di ridurre la vendita di armi allo Stato ebraico in caso di offensiva

Hamas fa sapere di aver ricevuto la risposta ufficiale alla propria proposta di cessate il fuoco che il movimento islamista aveva consegnato ai mediatori egiziani e del Qatar il 13 aprile per farla avere alla controparte. Nella proposta vi sono le richieste per una possibile tregua temporanea e il rilascio degli ostaggi israeliani, che secondo le ultime informazioni di intelligence sono circa 33. «Centinaia di terroristi si stanno arrendendo a Gaza», annuncia intanto il capo di stato maggiore israeliano, Herzi Halevi, al gabinetto di sicurezza. A riferirlo sono i media locali, i quali riportano la domanda posta dal ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir: «Non avremmo potuto ucciderne qualcuno?». Al che, il generale Halevi risponde: «Non spariamo a chi si arrende, questo è fuori discussione». La risposta ha attirato le critiche del ministro dell’Agricoltura, Avi Dichter: «Non sono sicuro che lei sia un ministro di Israele o di un altro Paese». Nel frattempo, il portavoce dell’aviazione israeliana ha confermato che sono stati colpiti circa «25 obiettivi terroristici» nella Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore. Tra questi, una «postazione di lancio di razzi usata per attacchi precedenti nella città di Ashdod». Altre operazioni della notte scorsa hanno preso di mira «un’altra postazione di lancio a Khan Yunis, usata per attaccare le truppe di soldati all’interno di Gaza, e un veicolo con otto membri di Hamas nella parte centrale della Striscia».


L’invasione di Rafah alle porte

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden potrebbe valutare di ridimensionare la vendita di alcune armi a Israele se quest’ultimo decidesse di invadere Rafah, ultima roccaforte di Hamas situata nel sud della Striscia di Gaza e rifugio di oltre un milione di palestinesi in fuga. È quanto ipotizza il giornalista Thomas Friedman in un articolo pubblicato sul New York Times, citando fonti statunitensi che indicano come l’amministrazione Biden ritenga che un’eventuale operazione terrestre a Rafah possa minare gli sforzi per raggiungere un accordo con Hamas per il rilascio degli ostaggi. Inoltre, secondo le stesse fonti, si teme che l’annunciata operazione a Rafah possa minacciare le iniziative che gli Usa intendono promuovere nella regione.


Queste iniziative comprendono l’istituzione di una forza di pace araba per sostituire l’intervento dell’esercito israeliano a Gaza, la stipula di un accordo diplomatico sulla sicurezza tra Israele, Arabia Saudita, Stati Uniti e palestinesi, nonché la formazione di una coalizione tra stati arabi moderati e alleati europei per affrontare le minacce missilistiche dell’Iran verso Israele. Tutte iniziative, secondo Friedman, vincolate alla condizione che Israele ritiri le sue truppe dalla Striscia e raggiunga un cessate il fuoco. Tuttavia, al momento, non sembra esserci alcun segno che Israele abbia intenzione di fare un passo indietro. Recentemente, sono stati segnalati movimenti significativi delle forze armate israeliane lungo il confine meridionale con Gaza, in particolare presso il valico di Kerem Shalom, vicino a Rafah. Giornalisti sul campo riportano la presenza di numerose unità di carri armati e veicoli blindati, dimostrando un considerevole dispiegamento militare. D’altronde, l’Idf ha confermato che la decisione sull’operazione è imminente: il gabinetto deve solo scegliere la data.

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