Il vademecum di Kiev per le Olimpiadi: nessuna stretta di mano con i russi, mai nominare la nazione del Cremlino

Le regole per gli atleti: evitare ogni contatto possibile anche sul Villaggio olimpico

C’è un codice di comportamento degli atleti ucraini in previsione delle prossime Olimpiadi, attese a luglio, in Francia. E prevede, secondo quanto ricostruito oggi su La Stampa, una serie di regole: la nazione nemica, la Russia, non va chiamata per nome, distanza di sicurezza anche sul podio e niente conferenze in comune. Meglio pagare una multa per Kiev piuttosto che ricreare scene entrate nella storia, come quando l’americano Jesse Owens e il tedesco Luz Long parlavano, sdraiati vicino, a Berlino, nel 1936 durante la sfida del salto in lungo. Niente strette di mano, nessuna vicinanza in nessun luogo verso gli atleti russi, soprattutto al Villaggio, dove spesso si finisce insieme a tavola. Orari diversi per gli allenamenti. «Unica eccezione dove lo richiede il protocollo», spiega il quotidiano torinese, ovvero un ipotetico podio condiviso da tenere con debita «distanza dall’aggressore». La Russia, dato che ha violato la regola dei cinque cerchi, non ci sarà pubblicamente come Stato, ma i singoli atleti russi sì. Senza divise, inni, stemmi, senza squadre. Una giuria li valuta uno per uno, verificando l’assenza di legami con l’esercito, per escludere imbarazzanti dichiarazioni a sostegno dell’invasione in Ucraina. I bielorussi, anche loro ammessi come neutrali, hanno ricevuto indicazioni chiare dal presidente, Lukashenko: «Non potete mostrare la bandiera, fategli vedere chi siamo. Saltategli alla gola, nello sport la rabbia è motivazione».


(in copertina immagine di repertorio Ansa)


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