Lucia Annunziata: «Io via dalla Rai per Meloni. Ora penso a quello che andremo a fare in Europa»

La giornalista: in Europa c’è bisogno di spingere per la pace

Lucia Annunziata è candidata indipendente del Partito Democratico nella circoscrizione Sud alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Aveva detto che non sarebbe scesa in campo, ma alla fine l’ha convinta Elly Schlein: «Mi ha fatto una proposta credibile, assicurandomi la possibilità di muovermi in autonomia, libera di portare avanti le mie idee. Per me è importante essere indipendente, non iscritta al Pd, pur con il massimo rispetto per il partito e chi ne fa parte. In generale, credo che aver fatto liste aperte all’esterno sia un punto di forza, che la gente valuta positivamente. In altri partiti c’è un orizzonte più ristretto, mi pare».


Annunziata e Meloni

Annunziata fa sapere di essere in totale disaccordo con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «Me ne sono andata dalla Rai proprio per questo. Ma non voglio perdere tempo a fare polemiche, meglio pensare a quello che andremo a fare in Europa». La giornalista dice che nel Pd «saremo tutti d’accordo sul fatto che per l’Europa sia arrivato il momento di spingere per una vera iniziativa di pace. Fin qui, da Bruxelles è arrivato il messaggio “armatevi e partite”, adesso si deve intervenire con decisione. Anche in Medio Oriente, dove il quadro mi pare si sia indebolito e ci sono le condizioni per un’azione diplomatica. E la spinta deve partire dai Paesi fondatori dell’Unione: Francia, Germania e Italia». Dice che se sarà eletta si trasferirà a Bruxelles «con la famiglia, perché credo sia necessario stare lì: tutti quelli che hanno fatto questa scelta, da Sassoli a Gentiloni, poi hanno fatto la differenza. Ho davvero voglia di giocare questa partita così importante, in una legislatura europea che sarà decisiva. Dopo 53 anni di giornalismo, credo sia il momento giusto per intraprendere questa strada».


L’autonomia differenziata

La giornalista dice anche che «al Sud c’è molta preoccupazione rispetto all’autonomia differenziata, che viene vissuta come una forma di razzismo, di disprezzo nei confronti del Mezzogiorno. Poi c’è sempre qualcuno che solleva il tema dell’agricoltura, che non pensavo fosse così sentito, sul quale l’Europa spesso viene percepita come un problema, piuttosto che come un’opportunità. L’altro giorno si è presentato un signore e mi ha detto: “Sono un contadino e voglio continuare a esserlo, ma nessuno ci ascolta”». E dice che le risposte «vanno trovate in Europa, perché la soluzione non può essere l’autoproduzione o la chiusura nelle piccole patrie, come suggerisce la destra, che sulla questione cerca sempre di mettere il cappello. Il punto è che le persone si aspettano un rapporto maggiore degli eletti con il territorio che li manda su a Bruxelles. Bisogna fare in modo che questa connessione venga sempre assicurata. Nei miei comizi cito spesso la famosa battuta di Kissinger, che chiedeva: qual è il numero di telefono dell’Europa? Ecco, bisogna dare ai cittadini un numero di telefono da chiamare, raggiungibile da qualunque posto, per far sentire Bruxelles più vicina».

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