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La dottrina Orbán a Cernobbio: «Putin e Zelensky cessino il fuoco, poi s’arriverà alla pace. Giorgia Meloni? Una sorella cristiana»

06 Settembre 2024 - 13:19 Simone Disegni
Il premier ungherese ospite del Forum sul Lago di Como dov'è atteso a ore pure Zelensky: «Così migrazione e Green Deal distruggono l'Europa»

Pronti via, al Forum Ambrosetti di Cernobbio è subito giornata ad alta densità – e delicatezza – geopolitica. Ad aprire i lavori dell’assise economica più celebre dell’anno è infatti il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che da luglio tiene in parte il timone anche dell’Ue in qualità di presidente a rotazione del Consiglio. Più tardi in giornata è atteso sulle sponde del Lago di Como anche il leader ucraino Volodymyr Zelensky, ed è probabile che tra i due – dopo le tensioni dei mesi scorsi – ci sarà dietro le quinte del Forum un nuovo incontro. Orbán aveva inaugurato il semestre di presidenza Ue con una missione a sorpresa proprio a Kiev per incontrare Zelensky, lieto di riceverlo dopo due anni di gelo dell’Ungheria sugli aiuti europei e occidentali al Paese confinante. Illusione ottica durata ben poco, perché 48 ore dopo Orban compariva a Mosca, a stringere la mano all’arcinemico e aggressore dell’Ucraina Vladimir Putin. Quindi, in un climax di missioni internazionali sempre più ardite, e che avevano fatto imbufalire gli altri leader Ue, Orban era volato prima a Pechino dal leader cinese Xi Jinping, poi – dopo la tappa di Washington per il summit Nato – alla corte di Donald Trump a Mar-a-Lago. Stamattina a Cernobbio il premier ungherese ha spiegato il senso di quella serie di viaggi, ergendosi a “guru” della diplomazia internazionale.

La ricetta di Orbán per la pace in Ucraina

«Non è la mia prima guerra», ha rimarcato Orbán intervistato da Monica Maggioni. «Sono alla guida del mio Paese da oltre 21 anni, dunque ricordo bene quella dei Balcani – per noi molto pericolosa – così come quella in Georgia. Ho esperienza nel gestire le guerre, e la pace». Dunque, venendo all’inestricabile conflitto russo-ucraino, ecco l’analisi di Orbán e la sua “ricetta”. «Quando li ho incontrati sia Putin che Zelensky mi hanno detto che pensano che il tempo è dalla loro parte. E se pensano così significano che continueranno: da parte di entrambe non c’è al momento alcuna intenzione di cessare il fuoco e di pensare a un piano di pace. Dobbiamo quindi creare noi un contesto internazionale che permetta di cambiare queste condizioni». Come? Attuando due prime misure “strategiche”. «Primo, se non c’è comunicazione non vi è nessuna chance di fermare la guerra: non s’è mai fatta la pace senza canali di contatto. Quindi dobbiamo comunicare sia con l’Ucraina sia con la Russia. Secondo se aspettiamo che spunti un piano di pace accettato da entrambe le parti, non ci sarà mai la pace. Il primo passo dev’essere quindi il cessate il fuoco. Così si potrà iniziare a negoziare un piano di pace». E per Orbán se la comunità internazionale s’impegna su questa strada, allora neppure un faccia a faccia tra i leader dei due Paesi in guerra è inimmaginabile, anzi: «Un incontro tra Putin e Zelensky è sicuramente possibile e necessario».

L’asse con Meloni e il ruolo di Fitto

Nella conversazione al cospetto della platea di Cernobbio, Orbán s’è anche soffermato sui suoi rapporti con la destra di governo italiana. Spargendo parole al miele per la premier e i suoi uomini-chiave. Giorgia Meloni? Non è solo una collega politica, ma è una «sorella cristiana», con cui condivide «le stesse basi culturali», ha detto il leader magiaro. Anche per questo, ora «insieme possiamo aprire una nuova era nella politica europea». Magari anche con l’aiuto di Raffaele Fitto quale prossimo vicepresidente della Commissione europea in quota “sovranista di governo”? «Non sono il presidente della Commissione europea, sono solo il presidente del Consiglio», s’è schermito Orbán. «Ma conosco Fitto ed è un uomo eccezionale». Ma la “nuova era europea” a trazione sovranista in cosa consisterebbe, esattamente? Due ingredienti chiave Orbán li ha evocati chiaramente: il no all’immigrazione e il no al Green Deal.

Frontiere sigillate e auto per tutti

«La migrazione sta disintegrando sempre di più la struttura europea», ha affondato il colpo il premier ungherese – ragion per cui «sarebbe molto meglio concedere l’opt-out» ai Paesi Ue che non vogliono seguire la politica comune sull’immigrazione, «invece di forzarli a restare insieme». Di certo Orbán non vuole che il suo Paese faccia la fine dell’Italia e di altri Paesi Ue, almeno per come li vede lui. «C’è un problema serio in Italia e in molti Paesi che hanno deciso di far entrare molti migranti e ora hanno difficoltà a gestire la convivenza», al contrario dell’Ungheria che non li ha «mai fatti entrare», ha rivendicato. Freno a mano da tirare in Ue pure sul tema della transizione ecologica, secondo il leader magiaro. «Quando parlo di competitività dell’Europa intendo prima di tutto la riconsiderazione del Green Deal», che ora è gestito «contro la comunità imprenditoriale», ha provato ad arringare la platea di Cernobbio Orbán. Raccontando di aver incontrato nei mesi scorsi pure tutti i leader delle principali case automobilistiche europee. «Mi hanno detto che il Green Deal è contro i loro interessi. Allora perché lo stiamo facendo?».

Foto di copertina: Il premier ungherese Viktor Orbán intervistato da Monica Maggioni sul palco del Forum Ambrosetti – Cernobbio, 6 settembre 2024

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