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Franco Adriatici: perché l’assessore leghista delle ronde di Voghera rischia il processo per omicidio volontario

massimo adriatici younes omicidio volontario
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La giudice: ha pedinato Younes El Bossettaoui e aveva già dimostrato ostilità nei suoi confronti. Poteva sparare alle gambe: no alla legittima difesa

La sera del 21 luglio 2021 in piazza Meardi a Voghera l’ex assessore alla sicurezza della Lega Massimo Adriatici non ha sparato per legittima difesa. Per questo va processato per omicidio volontario. Lo ha deciso la giudice delle indagini preliminari Valentina Nevoso. Contraddicendo la procura e rimandando gli atti al pubblico ministero, che dovrà riformulare l’accusa per la Corte d’Assise. L’ex agente di polizia aveva ucciso con un unico proiettile Younes El Bossettaoui, un vagabondo che aveva l’abitudine di importunare i clienti di bar e locali. E che aveva cominciato anche a litigare con Adriatici. Il quale girava armato per le sue ronde.

Modalità pedinamento

Adriatici ha pedinato Younes per dodici minuti. Poi il cittadino marocchino l’aveva colpito con una manata in viso, provocando la sua caduta a terra. E avanzando contro di lui, come a voler proseguire l’aggressione. E proprio qui il giudice scrive: «Non si vede come Adriatici abbia deciso di mostrare la pistola che sapeva essere carica e senza sicura, se non avendo aderito psicologicamente all’evento nefasto, quantomeno in termini di accettazione del rischio…». Il proiettile di calibro ridotto dell’arma tascabile ha ucciso sul colpo il migrante. Il pm Roberto Valli aveva chiesto una pena di 3 anni e 6 mesi: «Adriatici poteva difendersi con la mano sinistra visto che gli era caduto il telefonino, sparare un colpo in aria a scopo intimidatorio, poteva alla peggio inserire la sicura e usare l’arma come oggetto contundente. Non è vero che aveva come unica scelta quella di sparare».

L’intervento delle forze dell’ordine

Non solo. Adriatici avrebbe anche arbitrariamente ritardato l’intervento delle forze dell’ordine. E nella fase dell’aggressione si era posto volontariamente in una situazione di pericolo. Dalla quale, secondo la giudice, era prevedibile attendersi che sarebbe servita la necessità di difendersi. Poteva allontanarsi o scappare. O gestire diversamente il conflitto, data la sua esperienza. La sua condotta esclude invece «in radice» l’ipotesi della legittima difesa, e rende «persino superfluo l’accertamento dell’istante» dello sparo. Anche se «sarebbe stato più ragionevole attendersi» che Youns venisse colpito alle gambe, perché l’imputato «avrebbe dovuto limitarsi da terra a una flessione del braccio certamente inferiore a quella richiesta per il direzionamento dell’arma all’emitorace».

Il problema di Voghera

Subito dopo aver sparato l’ex assessore delle ronde di Voghera aveva dimostrato di avere un atteggiamento freddo e distaccato. Anche se si è descritto come sotto choc. Ha telefonato agli ex colleghi e all’amico Fabrizio Scabini, ex comandante del commissariato locale. E ha chiesto a un testimone se avesse «osservato la dinamica» dell’aggressione. Non solo. La giudice parla anche diun «substrato sociale di forte ostilità per la vittima». E Adriatici durante il primo interrogatorio ha definito la vittima «il problema di Voghera».

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