Meloni e le «due facce» di Lepore dopo gli scontri di Bologna, il sindaco: «Confonde la richiesta di collaborazione con l’obbedienza»
L’intervento della premier Giorgia Meloni, in videocollegamento con Bologna al comizio del centrodestra con i leader della maggioranza per le elezioni regionali in Emilia Romagna, non spegne le polemiche dopo gli scontri nel capoluogo emiliano e anzi riaccende le tensioni con l’amministrazione cittadina. La presidente del Consiglio ha dovuto annullare all’ultimo la sua partecipazione in presenza al comizio a causa del prolungarsi dell’incontro con i sindacati sul piede di guerra per la manovra. Incontro che in precedenza aveva rimandato per una influenza prima di dover volare in Ungheria per il Consiglio europeo informale di Budapest. «Voglio dire una cosa al sindaco di Bologna: diffidate sempre di chi ha una faccia in pubblico e una in privato, diffido di chi in privato mi chiede collaborazione e davanti alla telecamere mi definisce picchiatrice fascista», le parole di Meloni rivolte a Matteo Lepore, «se lo pensa non dovrebbe chiedermi collaborazione, non dovrebbe voler collaborare con me, un po’ di coerenza».
La replica di Lepore
Lepore ha criticato il governo per la gestione della manifestazione autorizzata di Casapound e Rete dei Patrioti di domenica, attorno alla quale sono avvenuti gli scontri tra antifascisti e polizia. «Non andava gestito così l’ordine pubblico, credo che il Ministero degli Interni su questo debba dare spiegazioni alla città di Bologna», le parole del primo cittadino, «ci hanno mandato 300 camicie nere, noi invece vorremmo ancora a chiedere i fondi per l’alluvione». Dopo le parole di Meloni, il sindaco ha risposto ancora: «La mia faccia è sempre la stessa e guarda verso i cittadini di Bologna, quando chiedo collaborazione istituzionale al governo e quando chiedo il rispetto della nostra città. Meloni non scambi le richieste di collaborazione per l’alluvione con l’obbedienza al capo». Lepore ha sottolineato che «Bologna è una città libera, solidale e fiera della sua storia», aggiungendo: «Le ho chiesto di collaborare, falso che le abbia dato della picchiatrice fascista. Ho chiesto spiegazioni sulla gestione dell’ordine pubblico e conto di 300 militanti di estrema destra e filo fascisti a Bologna. Questa cosa dovrebbe essere ovvia dentro le istituzioni democratiche. Il fatto stesso di doverla chiarire è un segno della confusione che attualmente esiste tra guida delle istituzioni e guida di una fazione politica».