Strage di Monreale, Salvatore Calvaruso «pentito» resta in carcere. Il gip sul 19enne: «Chi guidava gli diceva di sparare sulla folla»


Nove ragazzi a bordo di scooter e l’accelerata improvvisa di un Liberty bianco «per fare lo sborone». È questa, secondo un testimone oculare, la scintilla che fa scoccare la lite tra i giovani di Monreale e il gruppo di Palermo, terminata con l’uccisione di tre ventenni a colpi di arma da fuoco. «Perché non vai più piano?», avrebbe detto una delle vittime – il 23enne Salvatore Turdo – a uno dei palermitani. A questo punto uno scambio di battute, i pugni, i calci, le botte con i caschi e una ventina di proiettili esplosi dalle pistole. «Il conducente di un motorino diceva al passeggero di non mirare in aria, ma di sparare proprio sulla folla», si legge nel resoconto del testimone riportato nel provvedimento con cui il gip di Palermo ha convalidato il fermo in carcere per il 19enne Salvatore Calvaruso. Il giovane ha fornito la sua versione e ha precisato: «Ho sparato tre colpi, lo ricordo. Chiedo scusa a tutti i familiari per quello che è successo».
La conferma del fermo in carcere: «Personalità negativa, ha nascosto efficacemente pistola e telefono»
Secondo il gip, che ha convalidato la misura cautelare per Calvaruso, il giovane dimostrerebbe una «personalità negativa». Non solo per la «gravità della condotta», ma anche per la «disinvoltura e spregiudicatezza con cui deteneva illegalmente la pistola portandola in luogo pubblico, gremito di persone, custodendola incautamente in un borsello». Dopo gli spari, aggiunge il giudice per le indagini preliminari, «Calvaruso si attivava per sviare le indagini» tanto da nascondere «efficacemente» il suo cellulare e la pistola utilizzata. Sono ancora in corso, infatti, le ricerche per tentare di trovare le armi da fuoco utilizzate dal gruppetto del quartiere palermitano Zen. È impossibile, secondo gli inquirenti, che tutti quei colpi siano stati esplosi da un’unica pistola.
La difesa di Calvaruso: «Mi hanno buttato a terra due volte, solo a quel punto ho sparato contro gli aggressori»
Per Calvaruso sono «tre colpi», poi specifica di aver «esaurito il caricatore». Nell’interrogatorio di garanzia il 19enne ha ribadito la sua versione dei fatti, quella cioè di essere stato aggredito e di aver reagito: «Sono caduto per terra e mentre ero ancora per terra altre persone hanno cominciato ad aggredirmi con calci e pugni. Mi sono rialzato ed ho provato a scappare, cadendo di nuovo, mi sono alzato ancora una volta e sono salito sullo scooter per andare via ma sono stato aggredito di nuovo e sono caduto per terra con lo scooter». A quel punto avrebbe stratto l’arma – che sostiene «rinvenuta per strada all’interno del mio quartiere qualche giorno prima» – dal suo borsello e avrebbe «sparato all’indirizzo di questi 3-4 ragazzi che mi stavano aggredendo». Una versione che sembra smentita dai video girati tra i tavoli del bar Caffetteria 365 in via D’Acquisto a due passi dal Duomo di Monreale. Ha poi aggiunto: «Ho sentito anche altri colpi di pistola, ma non sono in grado di dire chi altro ha sparato».
La versione del testimone: «Dicevano: “Spara verso la folla”»
Molto diversa, invece, la versione fornita da uno dei giovani di Monreale presenti in piazza Duomo tra sabato 26 e domenica 27 aprile. Il testimone parla di un gruppo di 9 giovani in scooter e di qualche accelerata «per fare lo sborone» di uno dei motorini che avrebbe sfiorato alcuni dei presenti. «Il mio amicoSalvatore Turdo, immediatamente con tono acceso gli ha detto: “Perché non vai più piano?”. Dopo aver messo il cavalletto allo scooter, il conducente è sceso e con altri due ragazzi ci ha accerchiato». A questo punto sarebbe intervenuto Andrea Miceli, un’altra delle vittime, per calmare gli animi. I ragazzi palermitani gli avrebbero detto: «Ma tu cu minchia si’», prima di colpirlo al volto con un casco. Calci, pugni, spintoni per circa 2 minuti. Poi dei colpi di armi da fuoco, partiti da due persone a bordo di una moto Bmw Gs nero vecchio modello. Secondo il racconto di un amico del testimone, il conducente si sarebbe girato verso il passeggero e gli avrebbe detto: «Non mirare in aria, spara alla folla». A quel punto, dopo aver abbandonato la moto, Calvaruso si sarebbe diretto a casa dell’amico che gli aveva prestato il mezzo dicendogli di denunciarne il furto: «Ho fatto un macello». La mattina dopo ha fatto sparire il cellulare.
I giovani dello Zen, le foto e i video spariti dai social media
Dai social sono invece spariti foto e video dei giovani dello Zen con pistole e fucili a pompa. Di solito corredati da canzoni neomelodiche e messaggi «ai fratelli carcerati», in quella che il Corriere della Sera definisce una «camorrizzazione» di un quartiere ad alta densità mafiosa. Sullo scooter che viene preso a Calvaruso è stato poi trasportato uno dei feriti in ospedale. Il gruppo dei palermitani era composto da dieci persone. Cinque sono state coinvolte nella rissa. Un altro giovane aveva una pistola e ha aperto il fuoco. Calvaruso è difeso dall’avvocato Corrado Sinatra. Il giudice deciderà oggi sulla convalida e sulla misura cautelare. Secondo la ricostruzione dei carabinieri tutto inizia con Calvaruso che sfreccia a tutta velocità davanti al pub e rischia di investire Salvatore Turdo.