Pacche sul sedere e pugni agli orsetti della mostra: «Non sapevo ci fosse una persona dentro». Una finisce in ospedale: le denunce ignorate – Il video
Un pugno violentissimo, dal nulla, mentre il grande orsacchiotto peluche rosa si stava avvicinando a lui per offrigli un abbraccio. Peccato che non si trattasse proprio di un peluche, ma all’interno dell’animale finito ko ci fosse una figurante, che ha rimediato un grave trauma allo zigomo. È accaduto lo scorso aprile a Roma, nel palazzo del Comune in viale Angelico, all’interno delle sale dedicate alla mostra Art of Play. Non un episodio singolo, ma solo il più eclatante di una lunga serie di spinte, schiaffi e molestie subite da chi lavorava all’interno degli orsacchiotti. Persone che, nella maggior parte dei casi, non erano neanche tutelate da un contratto e lavoravano in nero – spesso a loro insaputa – dietro alla promessa di un possibile prolungamento del rapporto di lavoro.
L’abbraccio evitato, il cazzotto poi le grida: «Non sapevo ci fosse dentro una persona»
Due mesi di prognosi, questa l’indicazione per la giovane colpita dal visitatore con un gancio. «Le conseguenze potranno durare anche per sei mesi, un anno. Per me è lavoro», ha aggiunto parlando con Fanpage. È successo tutto in un attimo, inaspettato: «Un uomo sulla cinquantina è entrato con quella che ho ipotizzato essere la compagna. Varcata la soglia della sala, lei ha iniziato a riprendere l’uomo. Lui si è avvicinato con calma. Indossando il pupazzo riuscivo a vedere tutto frontale, ma non ai lati. E mi ha sferrato un cazzotto». Il colpo l’ha raggiunta forte allo zigomo sinistro. Lei è caduta, gridando per il dolore. «Mi sono molto agitata anche perché sotto al costume da teddy indossavo gli occhiali, che si sarebbero potuti rompere. L’uomo ha subito gridato, preoccupato: “si è preoccupato. “Non sapevo ci fosse dentro una persona, ma non è scritto da nessuna parte!”».
Molestie e violenze sui teddy bear: «Ti mando qualcuno per carineria»
Una mancanza, quella di cartelli che segnalassero la presenza di persone in carne e ossa dentro agli orsetti, che numerosi attori professionisti avevano già evidenziato agli organizzatori. Così come erano state numerose le segnalazioni di violenze subite: da spinte, a schiaffi fino a pugni o pacche sul sedere. Tutti i visitatori coinvolti avevano poi fornito la stessa spiegazione, cioè di non essersi resi conto che si trattasse di uomini e donne: «Pensavo fosse un robot». Il menefreghismo sarebbe poi continuato: «Quando ho chiesto aiuto dopo essermi trovata circondata da una quarantina di persone, mi hanno risposto: “Ti posso mandare qualcuno per carineria, non è prevista una risorsa”».
Il contratto assente e il lavoro in nero
C’è poi la questione del contratto, anzi del non-contratto. Secondo quanto ha raccontato la donna, assistita ora dalla Cgil, era stata assunta con un «contratto di collaborazione con la prospettiva di poter continuare a lavorare per tutta la durata della mostra», cioè da ottobre ad aprile. Nei fatti, in realtà, avrebbe avuto un rapporto di lavoro regolare solo per un mese. Nel resto dei giorni, tra cui quello dell’aggressione, non aveva alcuna copertura. E ora? Per adesso riposo, lo hanno prescritto i medici. Ma significa anche bloccare tutte le altre attività: attrice, ballerina e insegnante di tiptap.