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Uccise il padre con due coltellate per difendere la madre, Makka condannata a 9 anni: perché la 19enne non andrà in carcere

Makka Sulaeva
Makka Sulaeva
La lite scoppiata dopo il licenziamento dell'uomo. La violenza quotidiana in famiglia e lo scontro con la figlia maggiore finito con le coltellate

È stata condannata dalla Corte d’Assise di Alessandria a nove anni di reclusione Makka Sulaeva, la 19enne cecena che ha ucciso il padre Akyhad Sulaev nel 2024 a Nizza Monferrato. Ex attivista politico arrivato in Italia come rifugiato politico, l’uomo in diverse occasioni era stato violento con la moglie Natalia e i quattro figli, due femmine e due maschi. Fino alla sera dell’ultimo litigio in famiglia, quando la ragazza, la più grande dei fratelli, ha ucciso suo padre con due coltellate. Dalle indagini era emerso quanto l’uomo cercasse di mantenere il controllo della famiglia con la violenza. Le testimonianze raccolte hanno descritto un clima di soprusi e intimidazioni. La tensione è culminata in una lite domestica durante la quale, stando agli atti, l’uomo avrebbe nuovamente aggredito la moglie e la figlia maggiore, Makka.

Perché Makka non andrà in carcere

La lite è scoppiata dopo dopo che Sulaev aveva abbandonato il suo impiego come lavapiatti e pretendeva che anche la figlia lasciasse il proprio lavoro. Durante lo scontro, degenerato in violenza fisica, Makka ha reagito colpendo il padre con due coltellate. In aula, il pm Andrea Trucano aveva inizialmente ipotizzato la premeditazione, accusa poi caduta alla luce delle prove presentate. Nonostante la procura avesse chiesto una condanna a 7 anni, la Corte ha inflitto due anni in più, pur riconoscendo le circostanze attenuanti. La ragazza, tuttavia, non sconterà i domiciliari in attesa del processo d’appello: il giudice ha disposto come misura cautelare l’obbligo di firma. Ciò le permetterà, come indicato dalla difesa, di riprendere gli studi interrotti.

Il precedente di Alex Cotoia

Il caso ha riportato alla memoria quello di Alex Cotoia, giovane di Collegno che in circostanze analoghe uccise il padre Giuseppe Pompa, anche lui ritenuto violento. Cotoia venne poi assolto al termine di un lungo iter processuale. Come nel precedente, anche nel caso Sulaev la giustizia si è trovata a valutare il difficile equilibrio tra autodifesa, contesto familiare e responsabilità penale.

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