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«Vi spiego perché non c’è stato nessun complotto dietro la morte di Enrico Mattei»

15 Maggio 2025 - 07:26 Alba Romano
enrico mattei morte bascapè complotto
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Il pilota e imprenditore Lupo Rattazzi: ho acquistato l'aereo gemello. E ha rinvenuto i documenti che smentiscono una delle tesi dell'attentato

Il presidente dell’Eni Enrico Mattei non è morto in un attentato. E non c’è stato nessun complotto per eliminarlo. A distanza di 63 anni dallo schianto che il 27 ottobre del 1962 coinvolse il suo aereo a Bascapè in provincia di Pavia su Mattei si parla ancora di complotto. Lupo Rattazzi, nipote di Gianni Agnelli, pilota, ex consigliere Enac e presidente della compagnia aerea Neos, parla con il Corriere della Sera e dice di aver acquistato un gemello del velivolo precipitato: «Nel 1963 Eni ha venduto questo secondo aereo, che ha poi avuto vari proprietari americani compreso l’attore John Travolta». Poi l’ha donato a Volandia, ovvero il Parco e Museo del Volo a Malpensa.

Il 27 ottobre 1962 a Bascapè

La ricostruzione di Rattazzi è questa: «L’aereo con a bordo Enrico Mattei decolla alle 17 da Catania. Le previsioni meteo sono pessime e dopo avere sorvolato l’Isola d’Elba il comandante Irnerio Bertuzzi è costretto a modificare la rotta a causa di una brutta perturbazione. Dal centro di controllo di Milano gli comunicano il bollettino sull’aeroporto di Linate: copertura totale del cielo a 150 metri, visibilità orizzontale di 600 metri, pioggia e nebbia».

Ma il comandante decide di proseguire: «Viene escluso un atterraggio a Genova e Bertuzzi prosegue il volo verso Linate perché Mattei voleva arrivare a Milano. Al momento della disgrazia l’aereo è ormai a un paio di minuti dalla destinazione, ma arriva troppo alto, trovandosi a seimila piedi (1.800 metri, ndr ), anziché ai circa 2 mila piedi (600 metri, ndr ) necessari per imboccare il sentiero di discesa diretto. Bertuzzi si trova perciò costretto a smaltire la quota in eccesso, ma durante questa virata finale l’aereo precipita da una quota di 650 metri».

L’aereo di Mattei

L’aereo è un Morane-Saulnier, jet rudimentale convertito in executive. Privo di protezioni antighiaccio, di radar meteorologico e di pilota automatico. «Quella sera senza autopilota e in condizioni meteo pessime tutto si complicò oltre ogni previsione. Si aggiunga che a 650 metri di quota ogni errore diventa difficile da rimediare e non c’è spazio per recuperare in caso di sbagli», spiega Rattazzi. Che ricorda poi come dall’inchiesta tecnica non sia emerso alcun reperto «che documenti lesioni attribuibili a focolai di esplosione che possano aver leso gli occupanti il velivolo prima che si fosse abbattuto sul suolo. È da escludersi che possa essersi verificato uno scoppio in volo».

La procura

Anche la procura di Pavia è pervenuta alla stessa conclusione: «Nessuna traccia di schegge metalliche o di altro materiale era conficcata nei resti cadaverici… e pertanto si dichiarava… il non doversi procedere in ordine ai reati rubricati ad opera di ignoti perché il fatto non sussiste». Ma, spiega Rattazzi, «ogni incidente aereo che coinvolge una persona importante alimenta voci di un presunto complotto. Nel caso di Mattei il complottismo si scatena ad opera di tutta una serie di personaggi accomunati dalla totale mancanza di indizi concreti per supportare i propri sospetti: pentiti di mafia, giornalisti in cerca di scoop, politici interessati a mettere in croce lo Stato o comunque il “sistema”. Colpevole secondo loro di avere “assassinato” o comunque non protetto Mattei».

L’altra tesi

Poi c’è l’altra tesi, che coinvolge l’aereo gemello. Indica che a volare da Catania a Gela quel mattino sia stato in realtà il secondo aereo con sigla I-SNAI, portato in Sicilia in tutta segretezza da un altro pilota dell’Eni, il comandante Bignardi, mentre quello incidentato era, invece, rimasto sempre in un hangar militare fin dalla sera precedente per essere sabotato.

«Non sono io a escluderla ma quattro documenti chiave: a cominciare dal registro dell’hangar dell’aeroporto di Ciampino in cui venivano ricoverati gli aerei Eni, che non riporta alcun movimento del secondo aereo in quei giorni, il registro voli dell’aeroporto di Catania in cui non c’è traccia di I-SNAI in Sicilia, e, soprattutto, altri due documenti che io stesso ho acquisito nel 2023: vale a dire il libretto di volo del comandante Bignardi e il libretto dell’aeromobile di questo secondo aereo. Il documento con le attività di Bignardi è stato recuperato dalla Procura della Repubblica di Pavia, dopo un’istanza del figlio del comandante. Il secondo documento me lo sono procurato in Francia attraverso i precedenti proprietari dell’aereo».

I documenti

Quei due libretti, secondo Rattazzi, «confermano che Bignardi non era con un Morane-Saulnier a Catania il giorno dell’incidente e che l’ultima volta che aveva pilotato questo tipo di aeromobile era stato otto giorni prima dell’incidente. Il libretto dell’aeromobile aggiunge che l’ultimo volo effettuato da questo aeromobile era stato ben 23 giorni prima dell’incidente, con a bordo proprio Bignardi».

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