Il metallo e la carne di Mostro: «Ricordo quando mi prendevano in giro perché il rap era da sfigati» – L’intervista


Si intitola Metallo e carne il quarto disco di Mostro, rapper della scuola romana, 32 anni. Vero nome Giorgio Ferrario, fratello di Edoardo, uno dei più importanti stand up comedian italiani. Una famiglia di artisti particolarmente riusciti, Mostro infatti non solo ha già collezionato una sostanziosa sfilza di dischi d’oro e di platino con la sua musica, ma è anche riuscito ad imporsi come uno dei più seguiti conscious rapper della scena italiana. Metallo e carne infatti è un album assai intimo, in cui Mostro affronta un vorticoso viaggio dentro se stesso, invitando l’ascoltatore a lanciarsi senza paura per superare i propri limiti fino a trovare qualcosa di realmente significativo.
Dischi così intimi come Metallo e carne scaturiscono evidentemente da una necessità bruciante…
«Questo disco nasce in un momento un po’ particolare della mia vita. Concludevo il mio ultimo tour ed ho cominciato a sentire una sensazione di esaurimento, ma non personale. Come se la realtà intorno a me avesse finito di fornirmi gli stimoli necessari per raccontarmi, come se ogni cosa avesse perso la sua energia e il suo colore. Allo stesso tempo però cominciava a nascere in me un’energia che mi trascinava verso l’introspezione, verso l’interno, e allora mi sono cominciato a chiedere se quello che stavo cercando non fosse dentro di me piuttosto che intorno a me».
Un titolo molto forte che potrebbe rappresentare anche una metafora di quello che succede oggi nella musica, questo contrasto tra il metallo del meccanismo industriale e la carne, tutto ciò che è profondamente umano…
«Assolutamente sì: è un disco che parla di dubbi, di difficoltà mie e personali proprio all’interno dell’industria. Nel rap è un contrasto ancor più sentito perché è normale che si creino questo tipo di discussioni su cosa è fatto per il mercato e cosa è fatto per te stesso. Ma è anche la parte bella, è un ambiente pieno di persone appassionate e questo rende tutta la situazione più attiva»
Salmo nei giorni scorsi ha fatto una sorta di appello ai giovani rapper riguardo l’onestà, li ha invitati a non raccontarsi necessariamente come duri a tutti i costi…
«Sono assolutamente d’accordo, ci sono degli artisti legati esclusivamente ai risultati. Il mio disco parla molto di coraggio, ma non in senso eroico: è proprio il coraggio di essere a volte anche vulnerabile. Questo ti dà molta più libertà rispetto al fingere di essere altroL sarai sempre più credibile se racconti che hai avuto una giornata di merda, piuttosto che fingere che sia stato il giorno più bello della tua vita».
I liricisti che fanno rap non streammano quanto gli altri. L’impegno allontana il pubblico?
«L’impegno richiede del tempo. La mia musica è fatta per pensare, c’è tanta altra musica che è fatta per non farti pensare. Questo non significa che la mia musica sia migliore, perché ci vuole un talento anche nel fare quella roba lì».
A te è mai balenata per la testa l’idea di provare quel percorso?
«No, assolutamente no, perché io, veramente, so fare solo me stesso. Non saprei raccontare una cosa che non ho realmente vissuto e credo nel raccontare quello che veramente mi appartiene, anche se è totalmente fuori mercato. I miei dischi vanno controcorrente e non è una cosa che faccio apposta, è proprio che non riesco a seguire le logiche di mercato».

Quando hai cominciato a fare rap ti aspettavi questo boom?
«Sicuramente no. Quando ripenso ai primi dischi mi viene quella malinconia, e penso “cazzo mi manca quel periodo in cui si facevano le cose veramente nella maniera più pura, senza sapere dove sarebbero finite, senza la certezza di un pubblico che le avrebbe ascoltate, senza avere una major che investe su di te o un team di 10-15 persone”. Però allo stesso tempo mi ricordo anche tantissima ansia nel dire “cazzo, questa cosa mi piace tantissimo, c’ho puntato tutto, ma se non funziona che faccio?”»
Il boom mainstream secondo te ha portato anche a una crisi di valori nel rap?
«Io sono fan di questo genere, ho vissuto il momento in cui andavi a scuola e un po’ ti prendevano per il culo, perché era considerata una cosa da sfigati. Quindi ogni volta che quel mondo si ingrandisce sono contento, perché credo ancora nel fare le cose bene, a prescindere che poi in classifica ci siano delle cose che non rispecchiano al 100% quello che per me è l’essenza di questa musica»

Anche tuo fratello è un artista, Edoardo Ferrario, uno dei migliori stand up comedian italiani. Credi che rap e stand up abbiano delle connessioni?
«Musica e stand up hanno due fini diversi ma provengono dalla stessa matrice, che è la scrittura. Hanno proprio delle terminologie uguali. Oer esempio “punchline”, nel rap è la rima più importante, nella stand up è la battuta più figa, e si costruiscono allo stesso modo con un’apertura e una chiusura. Questo fa sì che io abbia molta possibilità di confrontarmi con mio fratello».
Ma sei più tu stand up comedian o più tuo fratello rapper?
«Credo più io stand up comedian, però chissà, pure Edoardo magari saprebbe fare qualche barra figa».
Cosa ti piacerebbe che rimanesse di questo disco in chi lo ascolta?
«Vorrei che la musica che faccio abbia lo stesso effetto che ha su di me la musica che ascolto. Vorrei che facesse sentire ispirati. Poi l’ispirazione può essere utilizzata in tantissime cose, nel creare dell’arte, ma anche nel farti stare bene nella vita e risolvere i tuoi problemi. Quindi spero semplicemente che chi ascolta riesca a fare suo questo disco, per farne poi altro».