Angelo Izzo parla 20 anni dopo il massacro di Ferrazzano, il Mostro del Circeo dal carcere: «Io pentito? Di sicuro non lo rifarei»


Torna a parlare 50 anni dopo la strage del Circeo e 20 anni dopo il massacro di Ferrazzano, Angelo Izzo, l’uomo, ora in carcere a Velletri, ritenuto responsabile di svariati omicidi, per cui è stato condannato a due ergastoli. Il «Mostro del Circeo», come è stato ribattezzato dopo i suoi efferati delitti, ha parlato dal carcere di Velletri attraverso il suo avvocato, Rolando Iorio, intervenendo nel podcast di RaiPlaySound intitolato «Il massacra del Circeo» e prodotto dalla Tgr Molies.
Le parole di Angelo Izzo
«Pentimento è una parola complicata che implica anche e soprattutto un sentimento che riguarda moti dell’anima e di cui ho pudore a parlare», ha raccontato Izzo rispondendo per iscritto dal carcere alle domande, attraverso il suo avvocato Rolando Iorio. Izzo, infatti, è tornato a parlare della strage di Ferrazzano, in provincia di Campobasso in Molise, dove il 28 aprile 2005 uccise Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano, dopo che aveva ottenuto la semilibertà dal carcere in cui stava scontano l’ergastolo per i delitti del Circeo. «È ovvio che negli anni una persona può cambiare anche profondamente e io oggi mi sento una persona profondamente diversa dalla persona che è stata protagonista di quei fatti per cui posso soltanto dire che non rifarei ciò che ho fatto. Ho molto riflettuto su alcuni aspetti del mio carattere che mi fanno buttare a capofitto in situazioni pericolose e a volte anche sbagliate».
Il massacro del Circeo
Prima della strage di Ferrazzano, nel 1975, quando aveva appena vent’anni, uccise, insieme a Gianni Guido e Andrea Ghira, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, due ragazze di 17 e 19 anni, conosciute qualche giorno prima tramite un amico comune risultato poi estraneo ai fatti. Le due furono invitate al Circeo, nella villa di Ghira, dove furono violentate, drogate, seviziate e massacrate per un totale di trentacinque ore. Lopez fu infine annegata nella vasca da bagno, mentre Colasanti fu quasi strangolata con una cintura e picchiata selvaggiamente. Le due, credute morte entrambe dai tre aggressori, furono poi nascoste nel bagagliaio dell’auto del padre di Guido, che i tre parcheggiarono prima di recarsi a cenare. Ma i lamenti di Colasanti, sopravvissuta alle violenze, attirarono l’attenzione di un passante che diede l’allarme: Izzo e Guido furono arrestati entro poche ore, mentre Ghira si diede alla latitanza. Il 29 luglio 1976 tutti e tre furono condannati in primo grado all’ergastolo. La condanna fu confermata anche nei successivi gradi di giudizio per Izzo e Ghira, mentre a Guido furono riconosciute le attenuanti generiche in appello riducendo così la pena a trent’anni.